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La “scuola per principesse” fa infuriare le femministe: decidono loro come crescere le bambine

by Cristina Gauri
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scuola di principesse

Roma, 25 gen — «Lasciate che le bambine diventino ciò che vogliono, che inseguano i loro sogni», è il mantra delle femministe di ogni tempo: a patto che i sogni delle bimbe rientrino nelle norme dettate dalle femministe stesse. Se il sogno delle bimbe in questione non è abbastanza empowering, se ambiscono a diventare principesse e non Astrosamante o la von der Leyen (brrr), le loro aspirazioni vanno castrate.

E via che si procede con il lavaggio del cervello, perché la principessa ricalca uno stereotipo sessista e patriarcale. Al contrario della modella di OnlyFans o della e-girl di TikTok, portato in trionfo negli ultimi mesi, che a quanto pare, invece, è parte attiva nel combatte il fenomeno dell’oggettificazione sessuale femminile.

La scuola per principesse fa infuriare il web

Accade così in questi giorni che una locandina digitale diffusa sui social per pubblicizzare «il primo corso in Italia per diventare principesse» rivolto a bambine dai 6 ai 9 anni, ha fatto letteralmente impazzire gli utenti delle piattaforme. Per la Maison degli Eventi di Rho, che ha organizzato il corso, si prefigura il reato di «Medioevo» e di patriarcato: il corso prevede infatti lezioni di galateo, camminata sui tacchi (piccoli tacchi, ovviamente, da bimba), portamento, bon ton, trucco e acconciatura, dizione. Insegnare alle bambine a camminare dritte, a comportarsi in maniera educata e a valorizzare la propria figura fisica. Da film dell’orrore, proprio. Stefania Vadalà, la mente dietro le lezioni per principesse, è stata letteralmente sommersa da uno tsunami di sterco social.

Puoi diventare quello che impongono le femministe 

«Se fosse destinato ai maschi, sarebbe incentrato sul potenziamento delle loro abilità — scrive una utente —, invece per le bimbe per carità, prima di tutto l’aspetto e le buone maniere. Non ci sono veramente parole. Sarebbe questo un gioco innocente?». Immancabili le accuse di abbracciare «gli stereotipi di genere» e di privilegiare trucco e parrucco rispetto all’emancipazione femminile. Che a quanto pare, secondo le arcigne pasionarie del matriarcato, non può correre di pari passo al desiderio curare la propria immagine o quello di apprendere ed esercitare le buone maniere. Andate a dire alla femminista Ferragni, per esempio, di rinunciare ai tacchi e ai container di vestiti firmati e vedete come vi ride in faccia. Perché dunque non dovrebbe valere per delle bambine, se questa è la loro aspirazione?

Parla l’ideatrice del corso

Stefania Vadalà, 37 anni e madre di tre figli, questo rogo mediatico non se l’aspettava e fa sapere che l’idea «è nata giocando proprio con i miei figli, un maschio e due femmine». Il corso, spiega, «non intende educare le bambine né abbracciare stereotipi di genere, tantomeno criticare altre forme di espressione dell’infanzia. Per noi bambini e bambine possono essere qualsiasi cosa, possono esprimere la loro bellezza attraverso qualunque forma, possono interpretare qualunque personaggio senza che questo etichetti il loro essere».

Qualsiasi, appunto: incluse quelle principesse delle fiabe tanto amate dalle bambine di ogni età. Che le Murge metterebbero volentieri all’indice, assieme a belletti e vestitini rosa, e alle Barbie, che la Boldrini vorrebbe vietare per decreto. «Questa è una ludoteca», conclude. «Oggi si gioca alle principesse, domani agli indiani. Tutto qui. Questo corso nasce per infondere autostima». Occhio pure a dire «indiani»: di questi tempi c’è già qualcuno pronto a calare l’ascia dell’«appropriazione culturale». 

Cristina Gauri

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