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Lampedusa, il deposito dei barconi (usati dagli scafisti) è una discarica a cielo aperto

by Emanuela Volcan
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Lampedusa, 13 dic – Mille e cinquecento metri quadrati di terreno, utilizzati come sito di stoccaggio delle imbarcazioni usate dagli scafisti per condurre sulle coste siciliane migliaia di clandestini, sono stati scoperti a Lampedusa e sequestrati dalla Guardia di Finanza di Agrigento, su disposizione della Procura della Repubblica, perché si ipotizzano i reati di “raccolta e smaltimento di rifiuti in assenza delle prescritte autorizzazioni” e di “illecita miscelazione di rifiuti”. Nell’immenso mondo del business della famigerata accoglienza, che da anni ingrassa le tasche di molti a discapito, innanzitutto, del rispetto della più elementare modalità di accesso in un Paese straniero, esistono anche i forti interessi legati alle modalità “accessorie”, ad esempio i trasferimenti dai porti ai luoghi d’alloggio, e molte altre oggetto di bandi pubblici che riempiono le bacheche delle Prefetture.

Lampedusa, quei barconi usati dagli scafisti: una discarica a cielo aperto

Proprio la ditta finita nel mirino della Guardia di Finanza di Agrigento, la Cubo Costruzioni, società cooperativa che aveva in uso il terreno in questione, è risultata sprovvista delle autorizzazioni ambientali di legge per quell’area, ma aveva avuto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) il contratto d’appalto per il servizio di “Messa a secco, trasporto e deposito” nonché di “messa a secco trasporto e distruzione” delle imbarcazioni dei clandestini, (Articoli 256 commi 1 e 5 del D.lgs. 152 del 2006). E qui già il primo paradosso! Come si arriva al sequestro? Il provvedimento è stato emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Agrigento Francesco Provenzano che ha ritenuto sussistenti gli indizi di colpevolezza ricostruiti nella fase investigativa posta in essere dai finanzieri. Oltre all’area medesima esigenza cautelare si è resa necessaria per T.A. di Belpasso (legale rappresentante della società), di M.C. di Paternò (responsabile del cantiere), e di altre due persone originarie di Lampedusa T.G. e C.S., ritenute anch’esse coinvolte nell’attività di smaltimento illecito delle imbarcazioni dei clandestini.

“Nel corso di un sopralluogo effettuato dai militari della Guardia di Finanza e dai tecnici dell’A.R.P.A. è stata riscontrata la pessima situazione in cui si trovava l’area di stoccaggio, con la presenza di una notevole quantità di rifiuti pericolosi e non, provenienti dallo smantellamento delle imbarcazioni, depositati in modo illecito direttamente sul suolo (privo di idonea pavimentazione e di ogni altro presidio di sicurezza atto a garantire la tutela dell’ambiente circostante), compresi batterie e fusti di carburante, oltre a un enorme cumulo di materiale triturato, composto indistintamente da frammenti legnosi, contaminati con residui di carburanti e di liquidi oleosi. Inoltre si è accertato che tutte le operazioni di gestione delle imbarcazioni (messa in sicurezza, trattamento, demolizione, riduzione volumetrica e stoccaggio) avvenivano nella stessa area, senza alcuna separazione settoriale, come invece prevede la normativa ambientale”.

Il provvedimento cautelare è stato richiesto e ottenuto al fine di evitare che la libera disponibilità dell’area potesse compromettere ulteriormente la situazione ambientale dell’isola, con ulteriore conferimento e illecito trattamento di rifiuti da parte degli indagati. Da aggiungere che il provvedimento, d’urgenza proprio per i motivi succitati, avviene ad indagini ancora in corso e che potrebbero portare ad ulteriori gravi sviluppi.
Gretini di tutto il mondo unitevi per questa “nuova” emergenza ambientale…ah no, questa si tollera.

Emanuela Volcan

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