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Malagiustizia minorile: il caso di una madre che non può crescere i propri figli

by La Redazione
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Malagiustizia minorile, madre

Roma, 22 dic – Ennesima caso di malagiustizia minorile, ennesima ingiustizia a danno dei più piccoli. Ad Accettura (Matera) il Tribunale dei minori di Potenza, da sette anni, impedisce ad Anna Maria Anedda di riavere i suoi figli. La donna, che ha un lavoro come assistente familiare presso il proprio domicilio, nel 2012 si era separata dal marito, da cui ha avuto quattro figli, il quale aveva un altra relazione.

A quel tempo, senza un impiego e con i quattro figlioletti, Anedda era stata presa in carico dai servizi sociali e alloggiata presso una casa popolare. Da lì se ne era dovuta andare un anno dopo circa, esasperata dai dispetti di una vicina di casa (disturbata e tossicodipendente) che tormentava lei e bambini. La psicotica, segnalata più volte alle forze dell’ordine, era stata lasciata nello stabile mentre i servizi sociali avevano trasferito mamma e bambini in una struttura protetta, si fa per dire: un garage senza riscaldamento, in un’abitazione dove erano ospitate altre persone.

Figli separati dalla madre

La convivenza e le condizioni in cui la famiglia era costretta a vivere scatenano dissidi e la madre, per volere dell’assistente sociale, viene allontanata dalla casa con decreto, i minori separati: la più grande affidata in una struttura, il secondo figlio in un’altra, i due più piccoli in affido. Alla madre sarà consentito vedere solo i figli più grandi i quali incontrano i due fratellini piccoli ogni 15 giorni. E’ durante uno di questi incontri che un fratellino, in affido, mostra i segni di percosse sul suo corpicino. Sono stati i genitori assegnatari a ridurlo così, ma non solo lui, anche l’altro fratellino. Scatta una denuncia da parte della madre naturale, viene aperto un procedimento nei confronti della coppia affidataria e ascoltati i bambini, che confermano i maltrattamenti.

Si arriva al 2014: nei due anni trascorsi la madre naturale ha trovato un lavoro stabile e anche sentimentalmente si è sistemata sposando un uomo che la rispetta. In queste condizioni è pronta per tornare a riprendersi i suoi figli. Il giudice invece ritiene per la donna persista lo stato di abbandono e respinge la richiesta. La posizione del giudice è in netto contrasto con le valutazioni positive degli assistenti sociali che hanno seguito la madre ritenuta idonea e dopo anni di ricorsi, di appelli proposti, da cinque anni Anna Maria Anedda non vede i suoi figli che ora rischiano anche di essere adottati dalla stessa famiglia su cui pende un procedimento penale per maltrattamenti.

Un caso di malagiustizia minorile?

“Non abbiamo capito come è stata scelta quella famiglia, perché una donna così volenterosa, che ha proposto tanti ricorsi, non sia stata ascoltata dal Pm. C’è qualcosa di poco chiaro: perché, in tutti questi anni, nessuno ha firmato il procedimento di adottabilità? Forse perché lo stato di abbandono, che si vuole usare come scusa, non sussiste?” A dirlo sono gli avvocati Carmela Natale e Francesca Maria Saccoia, del Centro per la Bigenitorialità Gesef Campania, che hanno preso in carico il caso.
Tra le contestazioni addotte dal pubblico ministero ci sarebbe l’aspetto economico: la madre non sarebbe in grado di far fronte ai costi di mantenimento. “Anna Maira Anedda ha un lavoro stabile a differenza della famiglia affidataria dove la madre non lavora e il marito svolge un lavoro saltuario e l’unica entrata economica certa è rappresentata dal sussidio erogato per il mantenimento dei due minori”, precisa l’avvocato Saccoia. I due legali stanno ora predisponendo un nuovo atto in Corte d’Appello e al termine del procedimento sono intenzionati ad inviare tutti gli atti in Procura per chiedere di fare chiarezza su una sentenza ingiustificata che porta a riflettere su quello che è il sistema giudiziario minorile.
Antonietta Gianola

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