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Milano, 2018: morire di freddo e nell'indifferenza dei servizi sociali

by La Redazione
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Milano, 22 feb – Siamo all’inizio di febbraio. Da pochi giorni la cronaca nera si è occupata della giovane Pamela, la ragazza fatta a pezzi e infilata in due valigie. Lo scenario in questo caso si sposta a Milano ed è quello di un quartiere difficile (oggi si dice così…). Qui le persone i problemi li hanno davvero; problemi seri, di vita quotidiana, e quando c’è il mercato non sono poche le persone che la propria verdura la scelgono tra quella scartata, nelle cassette di legno buttate alle spalle delle bancarelle e dei furgoni. Non a caso il “Roccabruna” (circolo di CasaPound) ha aperto proprio qui, alcuni anni fa; perché è in posti come questo che le famiglie hanno davvero bisogno di “pacchi alimentari” e li apprezzano. E così, all’inizio dell’anno scolastico, in molti ricevono quaderni, penne, gomme per cancellare e matite colorate. Qui di colore se ne vede poco.
Certo, ci sono anche famiglie “normali”, dove lavorano sia il marito, sia la moglie e i figli sono puliti ed educati; e queste famiglie, capita, abitano negli stessi palazzi dove vive anche uno di quegli uomini un po’ fastidiosi: quelli che quando salgono in ascensore con noi danno un po’ fastidio. Gli si dice: “Salga. Salga pure prima lei, io aspetto mio figlio…”; perché i loro vestiti non profumano di bucato, ma odorano di poco pulito. Puzzano. È certo che quell’uomo si lavi poco, che abbia poche attenzioni per sé stesso. Già. D’altronde, come fare? Vive da parecchio tempo senza l’acqua calda, senza il gas, senza il riscaldamento e senza la luce elettrica. Accade anche questo a Milano.
Eppure, proprio in questi quartieri accadono episodi di solidarietà degni del libro “Cuore” di Edmondo De Amicis; solidarietà vera; come quella volta che una giovane ragazza (quasi una bambina, in verità) non dava notizia di sé. Scesero da tutte le case: uomini con i figli (ragazzotti dal fare di bulletti); scesero le madri e le nonne. Scesero tutti e cominciarono a cercarla. Meno di un’ora e la bambina tornò a casa. E fu una festa. Sembrava il centro di Roma, perché tutta quella gente, poi, passati lo spavento e la preoccupazione, si fermò nei bar a brindare e ognuno era felice, sinceramente. Poi, siccome questa gente è fatta così, vi fu anche qualcuno che sgridò le proprie figlie: “Se lo fai tu di non tornare a casa all’ora stabilita vedi! Ti stacco la testa!” e così partiva un ceffone alla povera bimba che non era colpevole di nulla, ma, anzi, si era data da fare anche lei nella ricerca.
Anche questa volta, in fondo, un po’ di solidarietà c’è stata. Non vedendolo per qualche giorno i condomini hanno iniziato a preoccuparsi, a parlare tra loro. Così al bar dove andava a bere il caffè: il signor Ernesto, di 76 anni. Poi, dopo qualche giorno, l’odore. L’odore usciva dal suo appartamento. Ma era diverso da quello che non si sopportava sull’ascensore. Così, qualcuno ha chiamato i Vigili del Fuoco, che sono entrati scardinando la porta e lo hanno trovato morto, sul suo materasso; perché oltre a non avere la luce e l’acqua calda, non aveva nemmeno il letto. Ernesto, cittadino italiano nel 2018, residente a Milano, è morto così. Ma c’è di più e deve far pensare: Ernesto era affidato ai Servizi Sociali.
Pierluigi Arcidiacono

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1 commento

Tony 22 Febbraio 2018 - 3:00

…’servizi” sociali + centri ”sociali” = fancazzisti….sono della stessa specie: parassiti…

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