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Morte Attanasio: chi sono i due dipendenti Onu e perché rischiano il processo

by Eugenio Palazzini
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Roma, 9 feb – La Procura di Roma ha chiuso le indagini sull’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, uccisi in Congo il 22 febbraio 2021 da un gruppo armato. Come riportato stamani su questo giornale due dipendenti del Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Uniti, rischiano adesso il processo. Entrambi sono infatti accusati di omicidio colposo.

Morte Attanasio: chi sono i due dipendenti Onu e perché rischiano il processo 

I due dipendenti del Pam, sono Rocco Leone (unico italiano sopravvissuto all’agguato) e Mansour Luguru Rwagaza.

Leggi anche: Chi è Rocco Leone, italiano sopravvissuto e testimone chiave dell’agguato in Congo

Per per gli inquirenti avrebbero “omesso, per negligenza, imprudenza e imperizia – scrive in una nota la Procura di Roma – secondo la ricostruzione effettuata allo stato, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna all’Onu, ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Wfp che percorreva la strada Rn2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare”.

La stessa Procura ritiene adesso “di aver raccolto elementi idonei a contestare il delitto di omicidio colposo agli organizzatori della missione nel Nord Kivu del 22 febbraio 2021. Stando agli elementi raccolti dalla Procura, gli indagati “avrebbero attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti del Wfp così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima”.

I due dipendenti del Pam avrebbero inoltre omesso “in violazione dei protocolli Onu, di informare cinque giorni prima del viaggio, la missione di pace Monusco che è preposta a fornire indicazioni specifiche in materia di sicurezza informando gli organizzatori della missione dei rischi connessi e fornendo indicazioni sulle cautele da adottare (come una scorta armata e veicoli corazzati)”. Non solo, avrebbero omesso anche “di predisporre le cautele richieste dalla classificazione di rischio attribuita al percorso da effettuare che, pur avendo dei tratti classificati verdi cioè a basso rischio, aveva anche delle parti classificate gialle, cioè a rischio medio che avrebbero imposto di indossare, o avere prontamente reperibile il casco e il giubbotto antiproiettili.  Avrebbero omesso, in presenza di un ambasciatore, che rappresentando il proprio Paese, costituisce soggetto particolarmente a rischio, e dopo aver dato assicurazioni al carabiniere Iacovacci, a seguito delle sue richieste, di poter usufruire di veicoli blindati (che il Wfp aveva in dotazione a Goma), che le misure di sicurezza base sarebbero state incrementate, di approntare ogni utile ulteriore misura di mitigazione del rischio”.

Eugenio Palazzini

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Sergio Pacillo 9 Febbraio 2022 - 11:27

Stavo programmando delle vacanze in Congo, ma disdico tutto.
Tanto, ormai, l’Africa c’è l’abbiamo in casa.

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