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Indigente “molesta” il sindaco per ricevere sussidi. La Cassazione: “Non è minaccioso”

by Alessandro Della Guglia
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Cassazione, indigente

Roma, 29 apr – Nessuna condanna per minaccia al cittadino indigente che stazione in Comune e si rivolge al sindaco per ricevere sostegni concreti. “Finché non riceverò sussidi verrò a mangiare a casa sua”, avrebbe più volte detto l’uomo al primo cittadino. La Cassazione, con la sentenza 15153, ha accolto il ricorso contro la condanna inflitta per minacce al cittadino indigente, classe 1983, che avrebbe “molestato” verbalmente il sindaco in modo piuttosto insistente. Tanto da “concedere” alla segretaria del primo cittadino non oltre 7 minuti per ricevere denaro. L’uomo sarebbe riuscito anche a rivere fino a 1500 euro a fronte di un tetto massimo fissato a 400 euro, oltre al pagamento di bollette varie.

Sentenza ribaltata

A riguardo il Tribunale aveva assolto l’uomo, considerandolo un soggetto volgare e genericamente minaccioso. Le sue azioni però, secondo il giudice di prima istanza, non avrebbero indotto il sindaco a fare concessioni maggiormente generose rispetto a quelle fatte ad altri nelle stesse condizioni di marginalità. Poi però la Corte d’Appello aveva ribaltato la sentenza del Tribunale, sostenendo che l’insistenza dell’imputato aveva generato ansia nel sindaco a tal punto da indurlo a richiedere un porto d’armi perché temeva per la propria incolumità. La Cassazione ha infine ridimensionato decisamente quanto accaduto. Secondo la Suprema corte non sussiste minaccia, al di là dei toni utilizzati, degli ultimatum rivolti alla segretaria del sindaco e agli autoinviti a pranzo a casa dello stesso primo cittadino.

Una vicenda singolare ma drammatica

La Cassazione, come riportato da Il Sole 24 Ore, ha fatto presente che “la semplice espressione di sentimenti ostili, se non accompagnata dalla prospettazione di un danno ingiusto non basta a coartare la volontà del pubblico ufficiale, per fargli compiere atti contrari al suo ufficio e a far scattare il reato di minaccia”. Di conseguenza la condanna inflitta all’uomo è stata annullata con rinvio e la Corte d’Appello adesso potrà al massimo prospettare un reato di molestie (meno grave della minaccia) nel caso ravvisi invadenza arrogante. Parliamo di una vicenda per certi versi singolare, dai tratti grotteschi e quasi surreali. Ma che rende decisamente bene l’idea di una situazione drammatica affatto isolata in Italia e che rischia di sfociare in gesti estremi scongiurabili.

Alessandro Della Guglia

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