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“Un anno fa i pazienti Covid erano il 50%, ora sono il 13%”. Zangrillo smonta gli allarmismi

by Cristina Gauri
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Milano, 2 apr — Il professor Alberto Zangrillo riemerge dal silenzio per fornirci qualche dato di buon auspicio sull’afflusso di malati di Covid negli ospedali. In particolare, il primario di Rianimazione del San Raffaele si riferisce al reparto da lui diretto.

Ad oggi, infatti, chi arriva nella struttura ospedaliera avendo contratto la malattia da coronavirus rappresenta il 13% degli ingressi. Una percentuale decisamente inferiore (quasi un quarto) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, quando i positivi che necessitavano ospedalizzazione erano il 50% dei malati totali. 

Zangrillo: esistono anche altre patologie oltre al Covid

«Siamo passati da una media del 50% di pazienti Covid della prima ondata al 30% di ottobre al 13% di febbraio-marzo 2021 — riferisce al Giornale — quindi almeno 8 pazienti su 10 sono affetti da gravi patologie che nulla c’entrano con il virus». Già, le altri gravi patologie. Cardiopatie, tumori, ictus, e via dicendo. Patologie trascurate, silenziate e messe nel dimenticatoio dalla «infodemia» sul Covid, eletto a unica malattia della cui gravità ci si deve preoccupare.

Come gli 830mila bimbi rimasti senza screening e prestazioni nel 2020. O il milione e 400mila controlli oncologici saltati, sempre l’anno scorso, sempre a causa del Covid. «La realtà di chi lavora in ospedale e deve occuparsi di tutti è completamente diversa da quella narrata quotidianamente ormai da più di un anno sui media — spiega — purtroppo si continua a morire di cancro, di malattie cardiovascolari e di malattie neurologiche».

Non si può giocare tutta la partita in ospedale

Zangrillo ritorna quindi sulla necessità di potenziare la medicina territoriale e le cure da casa. Non si può affrontare l’epidemia solo curando in ospedale. «Io ho sempre sostenuto che una società evoluta meriti messaggi chiari e responsabil. La profilassi vaccinale è la priorità, giocare tutta la partita in ospedale equivale a giocare una partita di calcio 8 contro 11, il medico di base è fondamentale». Per il primario, oltre alla campagna vaccinale, è fondamentale l’apporto delle cure domiciliari. «Così possiamo far rivivere il Paese; ce lo chiedono gli anziani abbandonati, i giovani angosciati, le famiglie distrutte dai debiti».

Cristina Gauri

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