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Posti tagliati, ambulanze bloccate e fughe di cervelli: pronto soccorso italiani al collasso totale

by Cristina Gauri
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Roma, 18 mag — Che il nostro sistema ospedaliero, in primis le strutture dei pronto soccorso, sia al collasso, non è una novità. E la crisi pandemica ha solamente acuito la piaga, senza che governo e ministero della Sanità abbiano mai dimostrato, in due anni, di voler intervenire per un significativo cambio di rotta, nonostante le scene da lazzaretto delle prime ondate, 165mila morti Covid e una sanità distrutta, in balia delle liste d’attesa, causa emergenza sanitaria.

Pronto soccorso bloccati, pazienti assistiti sulle autoambulanze

Prendete ad esempio il caso di Roma segnalato da Today: nella giornata di lunedì 16 maggio nella Capitale sono state segnalate oltre 40 ambulanze con a bordo pazienti in attesa di ricovero. Mezzi in stallo, nei parcheggi degli ospedali, in attesa che i pronto soccorso potessero accogliere chi aveva bisogno di ricevere visite e trattamenti d’urgenza. Il termine tecnico è «blocco barella», che sta ad indicare la condizione per cui un pronto soccorso, non avendo più posti a disposizione, dà ordine di assistere i pazienti direttamente sull’ambulanza. Uno scenario che richiama i primissimi mesi del Covid, con decine e decine di ambulanze bloccate nei parcheggi e il personale costretto a prestare i primi soccorsi ai malati direttamente sui mezzi.

Speranza vuole chiamare 15mila specializzandi

La colpa è sicuramente del drammatico taglio dei posti letto — 40mila falciati in dieci anni — e della carenza di personale medico. Tanto che al ministero della Salute sta accarezzando l’idea di assumere in pianta stabile gli specializzandi di terzo, quarto e quinto anno, sottraendoli ai policlinici universitari, che però non vedono di buon occhio la questione. In questo modo verrebbe a colmarsi una lacuna di almeno 15mila posti.  

Ma serve tempo

«Per anni abbiamo avuto poche borse di studio per gli specializzandi ma ora ne abbiamo finanziate 30 mila in 24 mesi, il triplo di tre anni fa», spiega il ministro Roberto Speranza ai confrontandosi con i medici dell’emergenza e urgenza della società scientifica Simeu. «Affinché queste nuove risorse siano disponibili servono però ancora un po’ di anni, nel frattempo occorrerà lavorare utilizzando anche gli specializzandi per porre rimedio alle situazioni più complesse», ha precisato. I camici bianchi, dunque, auspicano «che a partire dal terzo anno gli specializzandi entrino direttamente negli ospedali inquadrati come dirigenti medici in formazione», spiega il presidente Simeu, Fabio De Iaco. «Ovviamente a ciascuno verrà assegnato un ruolo rapportato al proprio grado di formazione raggiunta, ma i giovani devono poter lavorare anche al di fuori dei Policlinici universitari», prosegue.

Il sindacato dei sanitari Anaao Assomed chiede di «far saltare anche i tetti di spesa per il personale che legano le mani a chi deve assumere». Speranza assicura di essere al lavoro «per superare questi limiti».

Cervelli in fuga

Nel frattempo, da una decade subiamo una fuga di cervelli verso migliori condizioni economiche e lavorative. Fuga che ci costa mille medici l’anno, attratti da stipendi esteri che si aggirano sugli ottomila euro netti mensili, contro i nostri 2500 di inizio carriera.  E dal 2019 al 2021, tra pensionamenti e autolicenziamenti, sono stati in 20mila a interrompere l’esercizio della professione, riferiscono i numeri dell’Anaao. Per fare fronte al Covid sono stati assunti novemila medici, ma di questi solo 1.350 a tempo indeterminato.

Cristina Gauri

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fabio crociato 18 Maggio 2022 - 1:17

La sanità è prevenire non curare con medici più o meno “esistenti”, facenti parte coscienti od incoscienti di un affare mostruoso, quando la natura rispettata… guarisce anzitempo!!

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