Milano, 15 mag — Si conclude con la sospensione lavorativa della durata di un mese senza percepire lo stipendio la vicenda del professor Marco Bassani, «reo» di avere pubblicato un tweet sul vicepresidente Usa Kamala Harris giudicato «sessista» dal solito consesso di beghine sinistroidi.
Il post “sessista” su Kamala Harris
Lo ha stabilito il Dda dell’Università Statale di Milano nella seduta tenutasi ieri. I fatti risalgono allo scorso novembre. Il docente di Storia delle dottrine politiche aveva postato sulla sua pagina Facebook una foto della Harris corredata di didascalia: «Sarà una ispirazione per le giovani ragazze, dimostrare che se vai a letto con l’uomo giusto, potente e ammanicato, allora anche tu puoi essere la vice di un uomo con la demenza. È come la storia di Cenerentola». Il post era stato rimosso subito dopo, ma a quel punto gli screenshot erano stati fatti e la macchina del fango era partita in grande stile.
L’affaire con l’uomo di potere
Un meme come ce ne sono tanti e che esprime un punto di vista, sarcastico e che fotografa una situazione-tipo tutt’altro che aliena alla realtà odierna, a proposito di una vicenda che ha agitato l’opinione pubblica statunitense. Ci riferiamo al presunto affaire con l’ex sindaco di San Francisco, Willie Brown, che l’avrebbe favorita nella sua ascesa politica. Secondo quanto riporta Dagospia, la tresca risale al 1993. Il politico californiano era sposato e viveva separato dalla moglie senza aver mai divorziato. «Per qualche anno però la sua “compagna stabile” fu appunto la Harris, che poi scaricò quando fu eletto sindaco nel 1996», riferisce Dagospia. La sua sfolgorante carriera politica deve molto a quel periodo e a Brown, «che la nominò in due commissioni statali, facendole avere uno stipendio da quasi 170mila dollari l’anno».
Scatta quindi la segnalazione da parte dei collettivi universitari sinistroidi — la versione 2.0 dei «lecchini» che segnavano sulla lavagna i nomi dei compagni più rumorosi. Non paghi della pubblica gogna, si sono dunque rivolti alla «maestra», in questo caso il rettore della Statale Elio Franzini. «Un post indegno — aveva dichiarato a La Repubblica — L’ateneo, nei limiti delle sue possibilità, interverrà nel modo più severo possibile». E così è stato. Libertà d’espressione l’è morta.
Cristina Gauri
4 comments
DOVEVA FARLO SU TRUMP E NON C’ERANO PROBLEMI (e andando giù anche bello duro……..)………..ANZI VENIVA PURE PROMOSSO……….
Vi sono persone che non osano dire la verità e affermano cose pur non condividendole o fino ad esserne contrari, si assumono così posizioni di convenienza, così come cenna il Direttore del Primato Nazionale nel suo editoriale sulle posizioni di soggetti di Destra che cedono al DDL ZAN.
Chi non assume atteggiamenti coerenti con il pensiero dominante, quindi decide di liberare il proprio pensiero nella pubblica manifestazione (alla base di tutte le costituzioni dei Paesi a “democrazia avanzata”) è punito e portato alla ribalta della pubblica piazza, seguendo la stessa prassi dei processi della Santa Inquisizione, vedi quale primo esempio, la condanna al rogo di Giordano Bruno per eresia.
Eresia, ossia contrario non alla verità, ma al pensiero e al credo mediato è imposto nella cultura, nell’informazione, nella politica e così via, qualsiasi contrarità assume i contorni della negazione inaccettabile.
Oggi questo è il nuovo palcoscenico ma metodo e sistema sono gli stessi, la punizione e la lezione per tutti. Non credo che questo stato di cose si possa negare con ragionamenti lucidi e comprensibili, la verità non è un’opinione.
Assurdo un professore lavoratore sospseo da qualche “bassaccia sinistrata” magari qualcAE sentinello vergineoo snowflakes, ha detto la pura verita’ e mica solo quella : la mulatta è una marxista della peggior fatta possibile perchè anche costeri nel reame di Gyorgy l’ungherese
Su Biden “demente” avrei trovato senz’ altro altre parole, per il resto non bisogna certo essere professori. La Statale di Milano ha lasciato passare ben altro nella sua storia formativa e/o funzionale…