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#Quittok, ci mancavano gli elogi ai ragazzini che si licenziano via social

by Lorenzo Zuppini
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#quittok, lavoro

Roma, 3 apr – Va bene tutto, ma il frignacciume degli sbarbati appena usciti dall’adolescenza che attuano il piano eroico di licenziarsi filmandosi su Tik Tok, o su qualsiasi altra piattaforma, per favore anche no. Stanno spopolando sui social network gli hashtag #Quittok con le riprese amatoriali effettuate da questi baldi giovanotti i quali, più o meno in tutte le latitudini dell’Occidente, si emozionano e si danno la pacca sulla spalla mentre inviano la propria lettera di licenziamento. Motivo: lo stress, la mancanza di tempo per farsi i cazzi propri, per leggere, per andare al cinema, per prendere il sole alle tre del pomeriggio o per contemplare l’alba senza dover entrare in un ufficio alle otto di mattina.

#Quittok è una cagata pazzesca

Sono patetici e irriconoscenti della fortuna, perché di ciò possiamo e dobbiamo parlare, consistente nell’aver un impiego che li sta formando e che li sta retribuendo, ovvero che li sta facendo crescere e maturare. Ma secondo loro, e secondo i caproni che gli stringono la mano, non è vero che il lavoro nobilita l’uomo, anzi, a nobilitarlo pensano sia un gesto così infantile e grossolanamente acerbo come il loro. Ma l’aspetto ulteriormente urticante è questo loro pensarsi al centro del mondo, come se la vita del pianeta dipendesse da queste loro scelte e dalla loro divulgazione all’umanità intera, come se noi non aspettassimo altro di apprendere le loro decisioni. Interi Paesi sull’orlo della disperazione e la società civile, profondamente fancazzista, che loro immaginano pronta ai novantadue minuti di applausi in segno di riconoscimento per la loro schiena dritta. È questo loro sentirsi significanti quando invece singoli individui rappresentano poco più di una comparsa su di un pianeta che ha appena quattro miliardi e mezzo di anni, e il loro giochino idiota, il loro piagnisteo, la loro prova dei controcazzi è durata poco più di un minuto.

L’inutile noia del fancazzismo adolescenziale

Ma chi volete che se li ricordi questi aspiranti nullafacenti, questi pretendenti del reddito universale, questi candidati al mantenimento di Stato, questi spocchiosi mocciosi che si credono in grado di cambiare qualcosa con il loro atto di coraggio, con la loro spavalderia, mentre a casa avranno babbo e mamma a spezzarsi la schiena e a rompersi i coglioni per consentirgli le loro bravate da analfabeti funzionali. Sì è vero, da quando è iniziata la pandemia c’è stato un certo cambiamento di paradigma sotto il profilo del quanto tempo dedicare a quali attività. È fisiologico, probabilmente. Mentre è drammatica la propensione di questi attorelli di quart’ordine a lanciarsi verso il fancazzismo militante nascondendosi dietro la menata degli orari di lavoro disumani, dello sfruttamento, del sistema da aggredire e abbattere, con il loro linguaggio gruppettaro da asini. Che qualcuno gli dia una svegliata. Che qualcuno gli consigli di unire con un pennarello i brufoli che invadono i loro giovani volti, perché comparirebbe la scritta “vai a lavorare”.

Lorenzo Zuppini

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