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ReiThera, il vaccino italiano funziona ma rischia di finire in Messico

by Eugenio Palazzini
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vaccino italiano, ReiThera

Roma, 27 lug – Il vaccino italiano contro il Covid c’è e funziona, ma in Italia è stato bloccato dalla Corte dei Conti.

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Così si va avanti senza il nostro prodotto d’eccellenza che adesso rischia di finire addirittura in Messico. Non è uno scherzo, purtroppo.

ReiThera, cosa di dicono i test sui volontari

I risultati dell’azienda di Castel Romano sono più che incoraggianti, con un primo step raggiunto che dovrebbe rassicurare tutti. I risultati preliminari della fase due di sperimentazione, frutto del test su 900 volontari, dicono infatti che il 93% dei vaccinati con il ReiThera ha sviluppato anticorpi contro il Covid già alla prima dose. E ben il  99% in seguito alla seconda dose. Importanti effetti collaterali sviluppati? Nessuno. Manca solo la fase tre, per la quale servirebbero tra i 5 e i 10mila volontari. Ma il problema è rappresentato soprattutto dai costi: sono necessari 60 milioni di euro. “Noi semplicemente non li abbiamo”, ha detto Stefano Colloca, uno dei fondatori di ReiThera e responsabile dello sviluppo tecnologico dell’azienda italiana.

Il vaccino italiano va in Messico

Ecco allora che il Messico prova a cogliere l’occasione, candidandosi a ospitare la fase tre di ReiThera. A renderlo noto è stato Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri della nazione centroamericana, rivelando quanto emerso durante la riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi membri del G20 tenutasi a Matera e Brindisi lo scorso giugno. Ebrard cita due accordi specifici. “Con l’Italia faremo il possibile per portare in Messico la fase III di ReiThera, il vaccino italiano che è in uno stadio abbastanza avanzato”. Mentre con la Francia il Messico si è accordato per la fase tre del vaccino transalpino prodotto dalla Sanofi. “Con questo aumentiamo le opzioni per vaccinare la popolazione”, afferma il ministro messicano.

A proposito di green pass

Ma non è tutto. Perché intanto in Italia i vaccinati con ReiThera si trovano in un limbo piuttosto assurdo: non possono ottenere il green pass. Tra questi discriminati c’è ad esempio Paolo Tiramani, 38enne parlamentare della Lega e sindaco di Borgosesia (Vercelli). “Fino a pochi giorni fa le conseguenze erano tutto sommato sopportabili: non potevo andare in vacanza all’estero”, dice Tiramani. Adesso però “se non cambierà qualcosa mi toccherà fare il tampone per fare qualsiasi cosa. Io che credo nel vaccino e che ho partecipato alla sperimentazione vengo trattato alla stregua di un no vax”.

Eugenio Palazzini

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