Roma, 2 feb – Negozi allo stremo, un’ecatombe di attività chiuse o di prossima chiusura: così la crisi colpisce in maniera tragica anche il commercio della Capitale. E il centro non fa di certo eccezione, anzi.
Secondo quanto riportato dal Corriere sono diversi i settori in estrema sofferenza: abbigliamento, le calzature, le borse e gli accessori, senza dimenticare gioiellerie, profumerie e articoli per la casa. Lo smart working e l’assenza di turismo, poi, hanno inferto il colpo di grazia alla ristorazione.
Ecatombe di negozi a Roma
La Confesercenti ha stimato la chiusura di 250 negozi chiusi solo nella zona del Tridente.«Anche in altre zone ci sono chiusure continue», sostiene il presidente Valter Giammaria. «Ma il Centro ha risentito in modo particolare di un anno senza turisti e di 420 mila impiegati in smart working».
Scompare un giro di affari del volume di «200 milioni al mese». Le strade sono deserte durante la settimana, «al di là degli assembramenti nei weekend, non circola più nessuno». Giammaria tratteggia uno scenario a tinte fosche. «Quando finirà la cassa integrazione, se non ci sarà una ripresa forte, le aziende non potranno riassumere, e si perderanno professionalità acquisite. Dalle previsioni, se le cose andranno avanti così, non verrà ripreso il 50-70% del personale e si parla di chiusura definitiva per il 35% delle imprese».
Confcommercio: fenomeno recuperabile
Meno tragico Confcommercio, che vede il bicchiere mezzo pieno. «Il fenomeno è recuperabile se Roma si mette di nuovo a ragionare sul mercato delle vacanze internazionali e dei congressi». A dirlo è il direttore Romolo Guasco. «Questo è possibile perché ci sono grandi eventi in programma compreso il Giubileo del 2025. Sui negozi chiusi è importante aprire una riflessione con le proprietà immobiliari. Molti non affittano in attesa di tempi migliori, e questo impoverisce la città e fa scendere valore degli immobili».
Per la presidente della Cna Giovanna Marchese Bellaroto il problema della cessazione di attività dei negozi si estende a tutta Roma. «Da gennaio a settembre 2020 hanno chiuso 1.500 attività, il doppio del 2019. E molti non aprono perché gli incassi non permettono di coprire le spese»
Cristina Gauri