Prato, 18 mag – Nuovo incendio in un’azienda cinese a Prato. Il rogo si è sviluppato in una via non lontana dalla zona della tragedia del primo dicembre scorso che ha portato alla morte di 7 operai.
I vigili del fuoco, intervenuti tempestivamente, sono riusciti ad estrarre dalle fiamme una donna che dormiva all’interno del capannone, la quale, dopo le prime cure del caso, è scappata. Dall’azienda in fiamme, sempre in pigiama, sono usciti fuori altri operai cinesi, anche loro fuggiti e non identificati.
Nonostante questo incendio non abbia avuto le gravi conseguenze del precedente, ha fatto emergere con evidenza come le parole e gli impegni presi nel dicembre scorso non siano stati seguiti da fatti concreti. Come denunciato dall’assessore alla sicurezza Aldo Milone sulla sua pagina Facebook, le promesse del governatore della Regione Toscana Enrico Rossi non sono state minimamente mantenute. Rossi, nel gennaio scorso, si è fatto garante di un potenziamento dei controlli per il rispetto delle regole sulla sicurezza nei posti di lavoro, attraverso l’invio di 50 nuovi ispettori dalla regione. Ispettori mai effettivamente messi al servizio del comune di Prato.
Se le promesse non sono state mantenute, ciò che è rimasto invariato all’interno del Partito Democratico sono le parole d’ordine: è così che il ministro Boschi, recentemente in visita a Prato, ha ribadito come i cinesi debbano essere una risorsa per Prato, confermando quanto sosteneva Enrico Rossi prima della tragedia del primo dicembre.
La domanda è d’obbligo: sono necessari nuovi morti per sentire paarole come responsabilità, prevenzione, condizioni di lavoro, sfruttamento, civiltà, schiavitù, concorrenza sleale? O il Partito democratico inizierà a confrontarsi con un’evasione fiscale cinese da un miliardo di euro l’anno, con le gravi irregolarità che vengono riscontrate nel 95% di aziende cinesi, con lavoratori schiavi costretti a fuggire per non farsi identificare e con le aziende pratesi ed italiane che, trovandosi a competere con tutto questo, non possono far altro che chiudere?
Renato Montagnolo