Roma, 5 mar – Sentenza epocale del Tar del Lazio, che ha sconfessato la nota dell’Aifa che prevede, nei primi giorni di sintomatologia Covid-19, la sola – e famigerata – «vigile attesa» e la somministrazione di paracetamolo. Il Tribunale Amministrativo del Lazio ha così accolto l’istanza presentata dai medici del Comitato Cura Domiciliare Covid-19 ritenendo fondata la richiesta di poter prescrivere le terapie ritenute più opportune «in scienza e coscienza».
Una procedura pericolosa
E’ ormai noto – anche se la narrazione mainstream tende a insabbiare il dato – che i malati che oggi affollano i pronto soccorso e le terapie intensive avrebbero potuto essere curati adeguatamente a casa durante le prime fasi della malattia. Il protocollo «tachipirina e vigile attesa», spiega il dottor Andrea Mangiagalli, «gira da tanto tempo: non capiamo da dove derivi, ma il paracetamolo ha un effetto negativo perché consuma glutatione, una sostanza antiossidante che serve per frenare l’iperossidazione negli stati infiammatori. In più, utilizzare solo il paracetamolo in questo patologia nasconde la curva termica e porta a problemi come l’ingresso nel secondo stadio, quello della polmonite, senza quasi accorgersene».
Il Tar sconfessa l’Aifa e la “vigile attesa”
Ebbene, il Tar del Lazio, con questa clamorosa sentenza, si è posto in aperto contrasto con le linee guida ministeriali. Il ricorso è stato presentato dal Comitato Cura Domiciliare Covid-19 e rappresentato dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino nei confronti del Ministero della Salute e Aifa. Con esso si chiedeva l‘annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della nota AIFA del 9 dicembre 2020 recante Principi di gestione dei casi covid19 nel setting domiciliare nella parte in cui nei primi giorni di malattia da Sars-covid, prevede unicamente una «vigile attesa e somministrazione di fans e paracetamolo», e nella parte in cui pone indicazioni di «non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid».
Ora subito revisione delle linee guida ministeriali
Secondo il tribunale, il ricorso appare fondato. «In relazione alla circostanza che i ricorrenti fanno valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza, e che non può essere compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi». Esulta il Comitato promotore del ricorso: «Ora ci aspettiamo immediata revisione delle linee guida ministeriali. Lasciare i malati senza cure precoci a domicilio è inaccettabile».
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