Roma, 25 giu – Se qualcuno l’ha chiamato «business dell’accoglienza», un motivo ci sarà. Eppure, ogni volta che parli di «taxi del mare» e «scafisti», i Saviano e le Boldrini ti guardano sempre male, perché in fondo – si sa – sei un po’ razzista se la pensi così. Sarà per questo motivo che i media con coscienza immigrazionista non vi parleranno del tesoro di Barbanera. Chi è costui? Si chiama Fadhel Moncer, tunisino di 40 anni, arrestato nel gennaio 2019 dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) con l’accusa di essere a capo di un sodalizio criminale dedito al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri.
Un meccanismo ben oliato
Fermato insieme ad altri 13 sospetti, pare che Barbanera – questo il soprannome datogli dagli investigatori – fosse il boss di una banda criminale formata da tunisini e italiani che operavano tra la Tunisia e la Sicilia (soprattutto a Trapani, Agrigento e Palermo). Questo gentiluomo, quindi, si arricchiva sulla pelle degli immigrati, che potevano pagare fino a 3mila euro per un viaggio sul barcone. Inoltre – come ha rivelato un’inchiesta del Giornale – ora si è anche venuta a sapere l’entità del tesoro di Barbanera: si tratta di un bel gruzzolo da 1,5 milioni di euro, «un immobile, due aziende e terreni a Marsala e Mazara del Vallo, nel trapanese, un’auto e disponibilità finanziarie».
La banda di Barbanera
Insomma, il traffico di migranti paga. Peccato solo che a volte ti vada male. E così Barbanera è stato arrestato e le sue proprietà confiscate. Come hanno spiegato gli inquirenti, Moncer alias Barbanera disponeva di «una solida e radicata struttura organizzativa e di adeguate risorse umane e materiali, potendo contare su numerosi mezzi nautici in grado di effettuare, stabilmente, traversate sulla rotta marittima dalla Tunisia alla Sicilia finalizzate all’ingresso illegale nel territorio italiano di migranti e consistenti quantitativi di tabacchi esteri di contrabbando». Un vero eroe dei tempi nuovi.
Gabriele Costa