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Tunisino stupra donna nell’hub, ma per il Tar ha diritto all’accoglienza: “Garantiamo vita dignitosa”

by Cristina Gauri
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centro accoglienza stuprata tunisino

Roma, 18 set — «Femministe, tutto a posto?»; viene da chiederselo (domanda assai retorica, destinata a cadere nel vuoto) apprendendo della notizia che riguarda un richiedente asilo tunisino, ospite di un hub di accoglienza e accusato di aver stuprato una donna — anche lei accolta dal centro. Al fine di proteggere la vittima di violenza, la prefettura di Treviso aveva deciso di revocargli vito e alloggio presso la caserma Serena, dove l’uomo pernotta assieme ad altri cinquecento immigrati e la sventurata aggredita dal magrebino; ma il Tar del Veneto ha annullato la decisione, impugnando le norme Ue secondo le quali a un richiedente asilo non può essere tolto il diritto a una «vita dignitosa», anche se questo decide inaugurare il proprio ingresso in Italia con uno stupro.

Tunisino stupra l’ospite dell’hub, il Tar: “Non si può negare l’accoglienza”

Stando a quanto riporta il Corriere del Veneto, il tunisino aveva fatto richiesta di riconoscimento della protezione internazionale, e in attesa dell’esito era stato assegnato all’hub allestito nell’ex caserma, situata non lontana da Treviso. Lo stupro risale allo scorso febbraio, quando l’immigrato aveva costretto la donna a consumare un rapporto sessuale in uno dei corridoi del centro di accoglienza. Erano scattate la denuncia e l’iscrizione nel registro degli indagati, con la conseguente revoca delle misure di accoglienza decisa dalla prefettura cittadina. Il nordafricano aveva dunque perso il diritto al vitto e all’alloggio nell’hub: ritenendo il provvedimento una vera e propria ingiustizia, si era armato di avvocato e aveva presentato ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto.

L’avvocatura dello Stato aveva sostenuto la fondatezza della decisione prefettizia,  dal momento che il decreto legislativo col quale l’Italia ha attuato le direttive europee, pur obbligando il Paese ospitante ad accogliere tutelare i richiedenti asilo, prevede anche la revoca in caso di «violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture in cui è accolto… ovvero comportamenti gravemente violenti».

Il Tar ribalta la decisione della prefettura

Di diverso avviso il Tar, che ha ribaltato la decisione della prefettura di Treviso. «La Corte di giustizia  — si legge nella sentenza — si è pronunciata sulla questione» sostenendo che «uno Stato membro non può prevedere, tra le sanzioni che possono essere inflitte a un richiedente protezione internazionale in caso di gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza o di comportamenti gravemente violenti, una sanzione consistente nel revocare, neppure temporaneamente, le condizioni materiali di accoglienza». Il potere sanzionatorio «non può spingersi fino a tal punto e deve esercitarsi con strumenti che salvaguardino l’accesso del richiedente protezione all’assistenza sanitaria e a un tenore di vita dignitoso». Tutt’al più — proseguono i giudici veneziani —  sarà possibile collocarlo «in una parte separata del centro di accoglienza, unitamente a un divieto di contatto con taluni residenti del centro, o il suo trasferimento in un altro alloggio».

Per farla breve: al tunisino va cercata una sistemazione, la più distante possibile dal luogo in cui alloggia la sua povera vittima; nel malaugurato caso in cui non sia possibile trovarla, l’uomo verrà collocato in una zona dell’hub separata dalla donna stuprata… sempre che lo stupratore non decida di «evadere» per entrarvi nuovamente in contatto, s’intende.

Cristina Gauri

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