Roma, 7 lug — Per il professor Massimo Clementi, Direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele, la conta dei positivi va abolita su modello di Singapore. Lo Stato asiatico, infatti, si appresta a diventare il primo Paese al mondo ad eliminare l’implacabile bollettino quotidiano del Covid che da quasi un anno e mezzo ammorba ogni singolo abitante del pianeta Terra.
Secondo Clementi è sufficiente tenere il monitoraggio di malati gravi, vaccinazioni e morti. Quella di Singapore «È una scelta in linea con quanto sta facendo Boris Johnson in Gran Bretagna», spiega ai microfoni di Quotidiano Nazionale. «È ciò che può fare un Paese che si sente relativamente tranquillo, ha fatto tutto quello che si poteva con i vaccini, coprendo un numero sufficiente di anziani e giovani. Noi non siamo lontani da questo obiettivo, ci stiamo arrivando: manca ancora l’ultimo miglio».
Clementi: l’Italia deve abolire la conta quotidiana degli infetti
L’Italia deve mettersi nell’ordine di idee di interrompere l’estenuante conta degli infetti. «Quello che conta sono la pressione ospedaliera e l’andamento delle vaccinazioni. Giorno dopo giorno rincorrere un numero con molti difetti, quello dei contagi, è sbagliato. Nel weekend scorso ero a San Benedetto del Tronto e tutti erano preoccupati per un focolaio dovuto a una festa. Ma erano 15 positivi in tutto…». L’attuale tipo di comunicazione, prosegue Clementi, provoca ansie e psicosi: molto meglio «un report settimanale».
Il virus non scomparirà completamente
Del resto, non possiamo pensare di eliminare completamente il virus. Dobbiamo conviverci, come accade con altre decine di virus. La trasmissione zero è pura utopia. «Lentamente anche in Italia i divieti calano e il livello di guardia si abbassa. La strada è quella giusta, non vanno perse le regole. Anche l’Italia potrà arrivare a quelle politiche che ammettono la convivenza col virus: una parte minima della popolazione si infetterà, ma chi è più debole è stato protetto. L’importante è evitare che a settembre la riapertura delle scuole coincida con una ripresa forte delle infezioni».
Cristina Gauri