Innanzitutto, bisogna avere un coraggio disperato, la forza morale per sopportare gli insulti del volgo fermo sulle posizioni imposte dalla critica, più o meno come sulle presunte verità scientifiche decretate dai virologi star. Quando un libro è assurto al rango di classico, non conviene toglierlo dalla sua sezione speciale della biblioteca. Senza volersi spingere fino all’iconoclastia più violenta, basti dire che Arancia meccanica di Anthony Burgess, testo che ha appena compiuto sessant’anni, tradotto nuovamente e ristampato di recente da Einaudi, non è, stilisticamente parlando, un capolavoro. Il romanzo ha tanto da comunicare ma lo fa male, in modo pesante, con un linguaggio viscoso che al principio stupisce, per poi risultare, dopo dieci pagine, francamente indigeribile. A discolpa dell’autore, si può certamente dire che, in quegli anni, per campare, era costretto a scrivere troppo – e, sfortunatamente, anche per un genio, il troppo stroppia.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di aprile 2022
Un romanzo fiacco, un film superlativo
La versione portata sul grande schermo da Kubrick è fuor di dubbio un lavoro superlativo, tanto quanto il romanzo risulta fiacco e abbozzato. Nel tentativo di rendere realistica la storia di Alex e i suoi tre drughi Pete, Georgie e Tonto, Burgess crea ex novo un linguaggio giovanile che mescola slang londinese con parole russe, il nadsat, finendo però col sovraccaricare la pagina tanto da renderla illeggibile. Non serve a granché, peraltro, il massiccio glossario a corredo, essendo oltremodo difficile da mandare a memoria. Il risultato dà il mal di testa e fa incrociare gli occhi – proprio come il suo amato faro nella notte, James Joyce, uno degli autori di cui tutti possiedono l’opera somma, L’Ulisse, solitamente senza essere mai riusciti a finirla. La pellicola di Kubrick ha, invece, il pregio di trovare la giusta misura nella bizzarria lessicale dei personaggi.
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Il vero significato di Arancia meccanica
Ma, in fondo, se c’è un motivo per cui Arancia meccanica solcherà i mari del tempo, come ha fatto fino a oggi, verso l’eternità, è per il suo contenuto, o meglio, per dirla con le parole dello stesso autore, per il suo essere «un’inchiesta sulla natura del libero arbitrio, […] un dramma teologico». La trama dell’opera la…
1 commento
Non era un film da fare cassetta. Al massimo era davvero da proporre solo nei cinema d’essai. Per i tempi di allora ha fatto più disastri che serie riflessioni. Ma, come al solito, per soldi, superficialità, chi se ne fotte?!