Lo storico decide di cantarle alla Lega salviniana, identificata con una sineddoche di sua invenzione, la “Coppia Verde”, che par di capire essere appunto Salvini e Calderoli (ma perché quest’ultimo e non, mettiamo, Zaia o Borghi? Il senatore bergamasco è tuttora il deus ex machina delle strategie parlamentari del Carroccio ed è naturalmente un esponente di punta del partito, ma indubbiamente rappresenta più la continuità con la vecchia Lega che il nuovo corso…). La colpa dei leghisti? Mirano basso e sono beceri, mica come ai bei tempi quando c’era Miglio.
Sembra di sognare. A parte che i rapporti fra il politologo e la Lega sono stati tutt’altro che lineari, ma vorremmo ricordare che la Lega di “quando c’era Miglio” era quella che si faceva strada sulle macerie della Prima repubblica a colpi di cappi agitati in Parlamento, gesti dell’ombrello e metafore falliche. Anche allora, beninteso, la vitalità di questo movimento e la sua capacità mitopoietica avrebbero dovute essere giudicate senza limitarsi al folclore. Ma, per cortesia, farne un cenacolo metapolitico imbuzzurrito da Salvini è decisamente troppo. Tanto più che, come ha magistralmente mostrato Antonio Rapisarda nel suo libro, proprio la svolta salviniana è stata alimentata da un circuito ora palese, ora discreto, di think tank, circoli, intellettuali, associazioni parallele, giornali on line.
E quali dovrebbero essere, poi, i temi da rimettere al centro del dibattito se solo si tornasse a dar retta agli intellettuali della vecchia guardia? “Un antirisorgimentalismo tutt’altro che becero, per esempio”. Testuale. Quindi, dopo che un intero mondo è stato preso per i capelli e strappato a forza, pur tra ampie e pervicaci resistenze che durano tuttora, dalla follia anti-italiana, dopo che si è tornati a onorare i caduti per l’Italia anziché baloccarsi con nostalgie per i Borboni, per il Papa Re, per i granducati, per Cecco Beppe, il Kaiser, lo Zar, dopo che si è messo fine, purtroppo non definitivamente, all’equivoco dell’unico ambiente identitario al mondo con l’abitudine di sputare sulla propria storia patria – dopo tutto questo e dopo che lo stesso Salvini ha intrapreso un percorso delicato e complesso che lo ha portato a onorare i caduti sul Piave, l’urgenza culturale sarebbe ora quella di rimettere al centro del dibattito… “l’antirisorgimentalismo”?
La sensazione di estraniamento prosegue quando leggiamo un elogio piuttosto plateale di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia. Ora, che si tratti di “una che la politica la fa seriamente e decorosamente” è cosa che anche gli avversari di FdI hanno sempre riconosciuto. L’endorsement di Cardini è tuttavia decisamente intempestivo, arrivando a pochi giorni dal posizionamento teo-con della Meloni, proprio mentre Salvini apriva all’ipotesi – pur fantascientifica – di un Buttafuoco governatore della Sicilia. Franco Cardini, quello che il dialogo con l’Islam lo propone da almeno 20 anni, finisce quindi fra i neo-crociati Meloni e Magdi Allam contro le aperture “saracene” salviniste, salvo poi accusare di spirito crociato… la Lega Nord.
Dai, stendiamo un velo, diciamo che è agosto e tenersi informati non è sempre semplice. Diciamo che Cardini non legge il giornale da un po’ e chiudiamola qui. Passiamo alla parte in cui lo storico vola più alto.
Qui Cardini, sostanzialmente, esorta a mettere in prospettiva la critica all’immigrazione, invitando a cercare le cause profonde e i meccanismi di sistema anziché limitarsi a dichiarazioni pirotecniche contro i barconi. Invito quanto mai benemerito, se si tratta, per esempio, di inserire la critica all’immigrazione nell’alveo di un anticapitalismo organico, come da tempo cerca di fare Alain de Benoist. O se si tratta di inquadrare il fenomeno in una più ampia dinamica geopolitica.
Se invece si tratta solo di batterci il petto per l’ennesima volta e colpevolizzare la storia europea, allora no, grazie, crediamo che il Vecchio continente abbia già dato. Molto più utile sarebbe riflettere sula storia recente, a cominciare dalle cosiddette “primavere arabe”, sostenute e a volte finanziate dagli stessi che oggi ci invitano ad accogliere i migranti “che fuggono dalle guerre”, le stesse guerre da loro applaudite appena pochi mesi fa! E a partire da questo bisognerebbe ragionare per davvero su un nuovo Nomos internazionale, in cui l’Europa e ancor più l’Italia dovranno avere un ruolo necessariamente centrale. Era questo quello a cui puntava Cardini? Benissimo, noi ci stiamo. Quando cominciamo?
Adriano Scianca
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