Roma, 11 giu – Se si guarda con un po’ di distanza intellettuale e di pelo sullo stomaco l’attuale ondata iconoclasta che sta attraversando l’Occidente, con folle urlanti che si accalcano nelle strade per abbattere le statue dei potenti di ieri, il fenomeno appare interessante e per molti versi anche chiarificatore. Mettiamola così: tra un Beppe Severgnini che, sul Corriere della Sera, difende la statua di Montanelli eretta a Milano e i Sentinelli antifascisti che vogliono abbatterla, chi ha ragione? Ovviamente Severgnini, se si ha a cuore il buon senso. Il buon senso, tuttavia, è spesso figlio di una saggezza pratica che tempera e annacqua le idee. Che, tuttavia, per essere combattute, hanno bisogno di dispiegarsi nella loro forma più coerente e radicale. Quello che credo, insomma, è che i Sentinelli siano solo dei Severgnini che pensano fino in fondo e senza reticenze una medesima ideologia. Ecco perché dico che le orde iconoclaste sono chiarificatrici.

Tra pernacchie e risposte goffe

In questa battaglia, del resto, il buon senso risulta vincente solo in prima battuta, ma alla lunga si rivela perdente. Viceversa, chi butta giù le statue suscita una riprovazione pressoché unanime nell’immediato, ma rischia di vincere sulla lunga distanza. Tornando a Montanelli, per esempio, va da sé che i Sentinelli (o le femministe che tempo fa ne imbrattarono la statua) richiamino per lo più sonore pernacchie. Eppure, con le loro proposte sguaiate, costoro pongono delle questioni. Questioni che, una volta poste, non possono essere eluse. Pensateci: della concubina adolescente africana del giovane Montanelli non è mai fregato nulla a nessuno, neanche a chi conosceva quella storia. Poi arrivano i Sentinelli e mettono quella vicenda al centro di una proposta bislacca finché si vuole, ma su cui, da quel momento in poi, bisogna prendere posizione. Cosa che, per esempio, Severgnini ha tentato di fare, ma alquanto goffamente, rifacendosi alle «usanze locali» e contestualizzando. È chiaro che si tratta di un’arma spuntata.

L’eredità di Roma

Insomma, la domanda radicale che viene dall’iconoclastia di Black lives matter e dalla loro fanbase nostrana è meno banale di quanto non si pensi. Amo le domande radicali, perché esigono risposte radicali (parlo di un’impostazione radicale in senso filosofico, sia chiaro, non scambiatemi per gli incel furiosi che stanno già chiamando alla guerra di razza). C’è un passato che viene messo in discussione e ora quel passato richiede un rifiuto radicale o una riappropriazione radicale. Il che, del resto, ci pone nella posizione di rilanciare e mettere a nostra volta l’avversario sulla difensiva. Quando ci sono queste ondate di fanatismo, la risposta sarcastica tipica è: «E allora ora butterete giù anche il Colosseo?». Ecco, prendiamola sul serio. Buttate giù anche il Colosseo. Prendetevi questa responsabilità. Fatevi carico dell’estrema problematicità che ha, per voi signori delle avanguardie liberal, l’eredità di Roma antica. Non nascondetevi dietro la solita frasetta fraintesa di Terenzio, fate i conti integralmente, radicalmente, coerentemente con Roma.

Anche qualora non fosse risolutiva, la cosa potrebbe se non altro rivelarsi divertente. Prendete Igiaba Scego, che su Internazionale piange perché «Roma è una città fascista», architettonicamente e simbolicamente parlando, ma poi se la fa sotto e, anziché evocare sventramenti a tappeto, è costretta a mettere nero su bianco che «è chiaro che qui le tracce del fascismo non possono essere abbattute come una statua. Sono tracce della storia di questa città e di questo paese, in alcuni casi sono esempi di quell’architettura razionalista che, con il suo gioco di linee e sinuosità, ha realizzato monumenti di gran valore». Sbaglio o mi sembra di aver sentito un «il fascismo ha fatto anche cose buone»?

Adriano Scianca

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11 Commenti

  1. Intanto nell’agenda del Nwo prosegue: ong, dittaure mediche, DDR style, comunismo televisiovo e mediatico delle bufale, della task force di panzoni puzzoni, del raglioquotidiano il foglio da cesso di qualche pervertito ultra 70enne che nn sa fa reun beata cippa di clacson! Intanto Kalergi va avanti, l’UE il soviet kibbutz dei sionisti!

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