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Da Dante al cringe, l’italiano fatto a pezzi pure dalla Crusca

by Michele Iozzino
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Crusca

Roma, 17 ott – Comincia oggi la ventiduesima Settimana della lingua italiana nel mondo, per questa ricorrenza l‘Accademia della Crusca ha voluto rendere disponibile a tutti la versione e-book del libro L’italiano e i giovani. Come scusa? Non ti followo a cura dell’accademica Annalisa Nesti, in cui si esplora il nuovo vocabolario usato dai più giovani.

Il bel paese là dove ‘l sì suona”

L’Italia è una nazione plasmata dalla lingua. Come ricorda Marcello Veneziani nel suo saggio Dante nostro padre, l’unità italiana fu dapprima una unità linguistico-culturale, con l’invenzione di un italiano letterario, come lo possiamo trovare nella Comedia, che fonda l’Italia ancora prima di ogni altra cosa. Non uno Stato che crea un popolo, non un popolo che crea uno Stato, ma un popolo ed uno Stato fondati dalla poesia. Per dirla proprio con Dante, l’Italia è innanzitutto: “Il bel paese là dove ‘l sì suona”. Probabilmente il sommo poeta fiorentino avrebbe creato un girone dell’Inferno apposito se avesse avuto presentimento del nuovo glossario dell’italiano ad uso dei giovani. Magari nel fondo della discesa infernale, nel lago ghiacciato del Cocito, là dove ci si appressa a Lucifero. Alla fin fine, i traditori della lingua non sfigurerebbero nel cerchio dannato dei traditori.

Il nuovo vocabolario dei giovani secondo la Crusca

La nuova lingua di cui ci parla la Nesti è una lingua imbarbarita da inglesismi e da espressioni gergali, come spiega lei stessa: “Il linguaggio giovanile è influenzato da diversi fattori dai social alle parole straniere. Una cosa è certa, i termini di oggi sono diversi da quelli dei nostri tempi. I giovani di ieri per indicare le persone più anziane, come i nostri genitori o i i nonni, utilizzavano il termine ‘matusa’. Oggi l’espressione gergale per indicare la generazione precedente è ‘boomer’”. La lista delle parole derivata e italianizzate dall’inglese è lunga, da “flexare” come sostituto di “mettere in mostra, da “blastare” per “distruggere e prendere in giro”, passando per “floppare” come sinonimo di un insuccesso, fino a “droppare” che significa “lasciare cadere” nel doppio senso di pubblicare qualche contenuto, magari su Instagram, o di abbandonare. Potremmo usare un’espressione di questo strano vocabolario per descrivere il nostro senso di imbarazzo di fronte a queste nuove parole: “cringe”. Ma ci sono anche i termini regionali e dialettali che si impongono in questo nuovo glossario: “Ci sono parole uscite dai confini regionali, come ‘ganzo’ che vuol dire bello ed equivale a figo. Dal dialetto toscano è entrato nel linguaggio giovanile nazionale”.

L’italiano malato di provincialismo

Se dovessimo tirare le fila, potremmo affermare che il difetto principale di questo nuovo italiano sta proprio nel suo provincialismo, ovvero nella sua scarsa originalità che prende tutto dal di fuori finendone appiatto, senza una vera capacità creativa. Quel “nemico” di cui uno straniero innamorato della nostra terra e della nostra lingua come Ezra Pound disse: “Il provincialismo è più che ignoranza, è ignoranza più una brama di uniformità”. Ma c’è dell’altro che forse ci potrebbe far ben sperare, come dimostra l’odio per i vecchi bacchettoni, per i boomer, questo è in fin dei conti un linguaggio iniziatico, un modo per tenere fuori – potremmo dire fare gatekeeping – le generazioni precedenti. Insomma, è la voglia della giovinezza di bastare a sé stessa in eterno spregio a ogni passatismo.

Michele Iozzino

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