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“Dire ‘paesi frugali’ è sbagliato”. La Treccani bacchetta i fan dei falchi del nord

by Valerio Benedetti
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Conte Rutte paesi frugali

Roma, 29 lug – E anche questo ridicolo sotterfugio retorico possiamo consegnarlo agli annali degli obbrobri linguistici. Ed è nientemeno che la Treccani a certificarlo: la dizione «Paesi frugali», in riferimento alle nazioni taccagne del Nord Europa, è scorretta. Punto e a capo. «L’aggettivo inglese “frugal” – ha scritto la Treccani sul suo portale – è un falso amico: tradurlo in italiano con “frugale”, che vuol dire “parco, sobrio nel bere e nel mangiare” è sbagliato». Insomma, si mettano il cuore in pace tutti quei politici e giornalisti che, per far passare l’idea che gli italiani siano degli spendaccioni, hanno impugnato l’arma linguistica dei «Paesi frugali», sobri, attenti e morigerati.

La Treccani boccia i politici

Come ha spiegato la Treccani, «in Olanda, Danimarca, Svezia e Austria si mangia poco? È quello che si potrebbe dedurre da affermazioni come quella del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al quale, il 18 luglio 2020, è stata attribuita questa dichiarazione: “Ci stiamo confrontando duramente con l’Olanda ma anche con altri Paesi frugali che non condividono la necessità di una risposta così sussistente per i sussidi ma mettono in discussione in parte i prestiti. Stiamo cercando di coinvolgere tutti nella prospettiva europea». Ma non c’è solo Conte: anche i leader dell’opposizione, a volte prendendo le distanze dalla formula, hanno fatto uso della dizione «Paesi frugali». Pigrizia, acquiescenza? Non è dato sapere.

Altro che Paesi frugali!

A prescindere dall’intervento della Treccani, che comunque si concentra su aspetti squisitamente linguistici, parlare di «Paesi frugali» è scorretto anche da una prospettiva politica ed economica: avere un debito pubblico basso e contenere la spesa, infatti, non è sempre un bene. Anzi. E infatti i «Frugal Four» hanno sì un debito pubblico basso, ma anche un debito privato tra i più alti in circolazione. Che significa? Vuol dire che, se lo Stato spende poco, allora le famiglie sono costrette a indebitarsi con istituti di credito privato, cioè le banche. Eccolo il risultato della «frugalità», o meglio della «parsimonia» dei falchi del nord: conti statali in ordine e famiglie oberate di debiti. Proprio un bel modello da esportare in Italia. Che avrà anche un debito pubblico alto (come il Giappone, tanto per dire), ma ha anche uno dei risparmi privati più alti del pianeta. E infatti l’Italia ha un Pil che i «Paesi frugali» possono solo guardare col binocolo. Chissà perché.

Valerio Benedetti

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