Povere donne, sedotte e abbandonate dallo spirito del tempo, prime nella lista degli umiliati e offesi per lo spazio del mattino, ma già scalzate dalla vetta da altre tribù che si sentono più umiliate e più offese. E soprattutto povere femministe: avevano creduto di condurre loro le danze al gran ballo contro le discriminazioni, poi è calato dall’alto, come una mannaia, l’acronimo che le ha fatte slittare dal mondo dei dominati a quello dei dominanti, dalla sfera dei discriminati a quella dei discriminanti. Terf: «Trans-exclusionary radical feminist». Femminista radicale trans-escludente.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021
È la sigletta magica che sta in capo, per esempio, all’atto di accusa contro J. K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, una scrittrice «femminista così», impregnata di spirito liberal, ma ritrovatasi di punto in bianco nella lista dei cattivi per aver detto che non esistono donne dotate di pene. E meno male che non si è avventurata in altri territori sdrucciolevoli, dicendo, che so, che le foglie sono verdi o che se entri in acqua ti bagni.
Diversità: un uomo non può (ancora) partorire
Vatti a fidare dei progressisti. Devono averlo pensato anche le donne che abbiano preso in mano uno degli ultimi numeri dell’Espresso, su cui campeggiava, sorridente, la silhouette di un uomo incinto, con la barba e il pancione. Sì, certo, il disegno non alludeva veramente a un uomo, ma a una transessuale rimasta incinta durante la transizione da donna a «uomo». Casi del genere esistono. Poiché la biologia non segue la linea editoriale dell’Espresso, se c’è il pancione c’è sempre una donna, non si scappa.
Una società in transizione
Sia come sia, l’impatto simbolico di quella copertina, rispetto all’immaginario e alla sensibilità femminile, appare devastante. Se tutto è donna, niente è donna. La donna non esiste, è un’illusione, un miraggio, un errore di parallasse, la sua specificità svapora in una nube di sigle, di nicchie, di sette, di mode. Su D di Repubblica, Mara Accettura ha di recente condotto un’inchiesta sulla dilagante disforia di genere tra le giovanissime. Una volta, ha spiegato, erano soprattutto i ragazzi a sentirsi donne: nel 2009-10, alla Tavistock Clinic di Londra, si contavano 40 uomini e 32 donne in attesa di cambiare sesso. Oggi ci sono 1897 femmine e 723 maschi. Oltre all’aumento esponenziale dei casi in sé, spicca il ribaltamento della proporzione.Gli interventi sulle ragazze sono in crescita esponenziale. «Si tratta soprattutto di mastectomie – fatte anche su 14enni – isterectomie, rimodellamento del viso e del torace, falloplastiche, interventi attorno a cui si è creato un consenso sociale come se fossero poco più che rinoplastiche», scrive la Accettura. E cita l’esperta Sasha Ayad, counselor di Houston che si occupa di questo argomento: «Se il corpo ci provoca ansia e ci viene detto che forse siamo transgender, potremmo convincerci che è proprio così. Ma c’è anche un elemento identitario. Un’identità celebrata. Essere transgender, soprattutto in certe classi sociali, certe scuole, è diventato una cosa speciale, coraggiosa. Tante ragazze intraprendono il percorso sicure di sé, ma non disponiamo di studi a lungo termine sui risultati. Alcuni dati indicano che questi interventi non necessariamente migliorano lo stress o la disforia. Ma i giovani – maschi e femmine – sono quasi travolti da quello che è un movimento sociale e fanno passi irreversibili»…