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Ecco Dei e potenza, di Guillaume Faye: spirito e tecnica per la rinascita europea

by Giorgio Nigra
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Roma, 17 mar – Guillaume Faye, lo scrittore francese scomparso tre anni fa, è conosciuto dal pubblico identitario italiano soprattutto per essere stato il creatore della formula dell’archeofuturismo: espressione di indubbio fascino, entrata a forza nel linguaggio quotidiano di tutta un’area politica, anche se il relativo libro comparso alla fine degli anni Novanta è stato sicuramente più citato che letto. Chi ha qualche anno in più, o semplicemente una maggiore passione per la storia delle idee, si ricorda tuttavia anche la sua «vita precedente», quando ha incarnato la corrente faustiana e prometeica della nouvelle droite, sia pur rifiutando con forza tale etichetta. All’epoca (parliamo di un arco di tempo che va dalla metà degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta), diversi scritti di Faye apparvero sulle testate della nuova destra italiana, oltre al suo scritto più importante di questa fase, Il sistema per uccidere i popoli, che ha conosciuto poi varie edizioni.

Dei e potenza, una raccolta di scritti ricca di chicche

Ciononostante, si può dire che Faye nel nostro Paese sia ancora per molti versi un illustre sconosciuto, per lo più ricondotto – per lodarlo o biasimarlo, a seconda delle sensibilità – alle sue polemiche con l’islam o a qualche formula mal orecchiata. Giunge quindi particolarmente benvenuta la pubblicazione, per i tipi di Altaforte, di Dei e potenza, una raccolta di scritti e interviste di Faye, in gran parte inediti, relativi al periodo tra il 1979 e il 2019. Quarant’anni in cui è profondamente cambiato il mondo, ma in cui lo stesso Faye ha subito evoluzioni spesso spiazzanti, forse, tuttavia, con più elementi di continuità di quanto egli non abbia voluto restrospettivamente far credere.

Preceduto da un ampio saggio introduttivo di Adriano Scianca, che è anche curatore del volume, Dei e potenza raccoglie delle vere e proprie chicche. È il caso, ad esempio, delle due recensioni di Faye ai libri pagani di Alain de Benoist, Come si può essere pagani? e L’eclisse del sacro, in cui il recensore, senza mai cessare di elogiarlo, non cessa di lanciare frecciate all’autore dei due saggi, allora suo compagno di strada nei ranghi della nouvelle droite. O pensiamo ai due lunghi e densi articoli sulla società multirazziale, che risalgono ai primi anni Ottanta, in cui si scopre da un lato la preveggenza di Faye nel comprendere il pericolo dell’immigrazione di massa e dall’altro l’inconsistenza della vulgata che vorrebbe l’autore francese immigrazionista fino alla «rivelazione» avuta negli anni Novanta.

Troviamo poi un Faye intento a confrontarsi con il meglio del pensiero filosofico novecentesco, anche per smentire l’aura da pensatore «poco serio» che ancora oggi circonda il francese. Si vedano, in tal senso, gli articoli su Adorno, Baudrillard, ma soprattutto il denso confronto con Heidegger a cui è dedicato un lungo saggio sul «superamento del cristianesimo». Interessanti anche gli estratti di alcuni libri di Faye tuttora inediti in italiano: Nouveau discours à la nation européenne, Les Nouveaux Enjeux idéologiques, Avant-guerre: chronique d’un cataclysme annoncé o il sorprendente e originale Les Extraterrestres de A à Z.

Guillaume Faye e quelle illuminanti interviste 

Per quanto riguarda i testi che fanno riferimento alla seconda fase della vita di Faye, quella in cui l’autore dice addio alla nouvelle droite e scopre la battaglia contro l’islam, meritano sicuramente una particolare attenzione le interviste, come I titani e gli dèi, lunghissima e interessantissima, interamente dedicata al paganesimo, ma si veda anche quella su Nietzsche, altrettanto brillante. Illuminanti, infine, le sue considerazioni sul sacrificio di Dominique Venner, l’uomo che, negli anni Settanta, aveva portato Faye dall’universitario Cercle Pareto al Grece, l’organizzazione che sarà appunto il motore della nouvelle droite. In definitiva, Dei e potenza rappresenta uno spaccato su una stagione che ha forgiato il pensiero nazionalrivoluzionario europeo con modalità oggi spesso ignote agli stessi esponenti di quella corrente. Ed è anche un modo per tornare a essere quello che siamo, in un’epoca in cui questo non è più, sfortunatamente, così scontato.

Giorgio Nigra

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