Roma, 31 mar – Il lessico globalista dei semicolti di Repubblica si è arricchito di un nuovo vocabolo: «fascio-fumetto». Se non ci credete, vi basta leggere l’inchiesta pubblicata oggi dal quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. L’autore del papello è, manco a dirlo, l’irreprensibile Paolo Berizzi. Esatto, lo stesso Berizzi condannato dall’Ordine dei giornalisti per aver diffuso notizie inventate (le care vecchie fake news), lo stesso che equiparò l’inondazione della «nazifascista» Verona a una punizione celeste, e che si è fatto un nome con le sue mirabolanti inchieste sulla «spiaggia fascista» di Chioggia e sul panificio (anch’esso fascista) di Stezzano. Insomma, stiamo parlando di un giornalista da premio Pulitzer. E ora, appunto, è toccato al «fascio-fumetto» di Ferrogallico.
Repubblica, Ferrogallico e il fascio-fumetto
Stando alla ricostruzione (credibilissima) del segugio Berizzi, esisterebbe una sorta di internazionale nera che parte dalla Germania, lambisce il Giappone e arriva direttamente nelle scuole italiane: stiamo parlando, ovviamente, dei «fumetti nazifascisti». Tra le altre cose, veniamo citati anche noi del Primato Nazionale, ma a capo di questa Spectre crociuncinata non poteva che esserci Ferrogallico, casa editrice non conforme che si è distinta per aver pubblicato tanti e azzeccatissimi «fumetti ostinati e contrari» (i temibili «fascio-fumetti» di cui parla Repubblica). Per capirci qualcosa in questo calderone berizziano fatto di rune, camicie brune e ninja assetati di sangue immigrato, abbiamo contattato Marco Carucci, che di Ferrogallico è uno dei principali animatori.
Intervista a Marco Carucci (Ferrogallico)
Oggi Repubblica, in un articolo dai toni lugubri e sensazionalistici, ha messo Ferrogallico al centro di una «trama nera» che mira a portare il «nazifascismo» nelle scuole grazie ai fumetti. Siete davvero così cattivi?
«Purtroppo no, non siamo così cattivi (ride). Se agli occhi di Berizzi, Repubblica & friends risultiamo cattivi, è perché stiamo lavorando nel giusto senso. Dopo quasi quattro anni di attività siamo riusciti a consolidare un percorso in un territorio, quello del fumetto, che sembrava una riserva di caccia della sinistra. È per questo che siamo pericolosi».
Stando all’autore dell’inchiesta, Paolo Berizzi, questa «propaganda nera arriva dalla Germania». Di più: per non farsi mancare nulla, si parla addirittura di un nuovo «asse Roma-Berlino-Tokyo». Ci aiuti a mettere ordine in questa narrazione allarmistica?
«In realtà sono gli amici di Hydra Comics a essersi ispirati a Ferrogallico, non il contrario. Quindi, se c’è un nesso di consequenzialità, arriva prima Ferrogallico. Tanto più che i ragazzi di Hydra hanno portato in Germania il nostro fumetto di Mishima, che per noi è un fumetto di altissimo livello. In sintesi, esiste sicuramente un dialogo che si sta consolidando, con altri fumetti di Ferrogallico che presto saranno esportati in Germania, e con noi che faremo conoscere al pubblico italiano i prodotti di Hydra Comics. E, peraltro, anche altri gruppi giovanili di patrioti europei (soprattutto da Francia, Spagna e Polonia) ci hanno contattato per capire come è possibile portare le nostre produzioni nei loro Paesi. Insomma, non c’è ancora un “asse”, ma c’è una rete che rappresenterà senz’altro un incubo per Repubblica e soci. Il Giappone purtroppo ancora non c’è, ma non escludo che ci metteremo al lavoro per accontentare Berizzi».
Tu sei un militante politico di lungo corso. Sotto certi aspetti, l’inchiesta di Repubblica ricorda i dossieraggi antifascisti che si facevano negli anni di piombo. Avverti anche tu questa sgradevole sensazione, oppure il paragone è troppo azzardato?
«Il paragone non è assolutamente azzardato. Berizzi e certa stampa (e certa politica) di sinistra non hanno perso quel pelo che avevano negli anni Settanta, cioè quell’abitudine di denunciare complotti o di mistificare la realtà con trame nere e allarmi nazifascisti, additando direttamente le singole persone con nomi, cognomi e il loro passato politico. Ecco, quel pelo non l’hanno proprio perso. E anzi, questa è una tendenza da monitorare con estrema attenzione, perché tutti noi lo abbiamo già vissuto sulla nostra pelle. Una volta si poteva finire in una pozza di sangue, mentre oggi è un meccanismo che può portare a censure o espulsioni dalla vita civile. Quindi questo meccanismo d’odio lo conosciamo e dobbiamo monitorarlo, perché può non limitarsi a un articolo di giornale: basta un matto e le cose si possono mettere davvero male».
Un’ultima domanda: ma che cosa fa di preciso Ferrogallico? E quali sono i suoi progetti attualmente in cantiere?
«Da quasi 4 anni Ferrogallico racconta storie usando il disegno e la parola (quindi il fumetto) come linguaggio. Il clamore che si è sollevato intorno al nostro progetto – e il pezzo di Berizzi lo testimonia – deriva da due cose. Il primo aspetto è quello che abbiamo già detto: il fumetto è considerato dalla sinistra come un suo territorio esclusivo, pertanto il nostro lavoro rimette in discussione questa egemonia. Il secondo aspetto, che suscita maggiormente le preoccupazioni di Berizzi e soci, è che l’immagine, e quindi il fumetto, è un mezzo comunicativo più efficace e pervasivo di qualsiasi altro testo scritto (saggio, pamphlet ecc.). Perché il fumetto lavora sull’inconscio, afferisce a una dimensione prerazionale, o comunque metarazionale. E in questo senso raggiunge i ragazzi in maniera più diretta ed efficace. Le operazioni culturali nelle scuole lo testimoniano: la politica di destra – chiamiamola così – grazie al fumetto può trovare il coraggio di raccontare certe storie (come le foibe e l’esodo giuliano-dalmata) e di portarle tra gli studenti. È la colonizzazione dell’immaginario dei ragazzi che fa paura alla sinistra, perché le toglie il terreno da sotto i piedi. Per quanto riguarda invece i progetti futuri, siamo appena usciti con il fumetto di 1984 di Orwell, un’opera straordinaria che abbiamo importato dalla Francia e che lì ha avuto un successo strepitoso (basti pensare che è stata lodata anche da Le Figaro e da Le Monde). Tra le altre cose in cantiere, posso annunciare che in autunno porteremo in Italia la graphic novel che il governo Orbán, nel 65esimo anniversario dei fatti di Budapest del 1956, ha prodotto per ricordare quegli eventi e trasmetterne la memoria ai ragazzi. È un’opera bellissima, di alto livello sia artistico che storico. Ecco, con questa operazione siamo sicuri che renderemo assai felici Berizzi, Repubblica e soci».
Valerio Benedetti
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