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La grande bugia della questione femminile come monopolio della sinistra (parte prima)

by La Redazione
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Milano, 24 giu – Nel rapporto tra sociologia e storia è importante riflettere sullo sviluppo della così detta “questione femminile”, perché il suo formarsi e l’impegno politico verso i diritti delle donne vengono erroneamente sempre attribuiti agli ambienti della sinistra progressista. Non solo, per il Novecento la dignità  della donna, nella sua autonomia civile e politica, viene falsamente ricondotta, al formarsi del leninismo e alla storia del primigenio PCUS, bugia alimentata dalla propaganda di sinistra in Italia a seguito della politica culturale gramsciana di occupazione di tutti gli spazi formativi ed educativi. Ne è scaturita una deformazione morale secondo la quale chiunque si interessi della “questione femminile”, per sentirsi a casa, deve sentirsi parte della sinistra progressista. Bene è necessario argomentare che in realtà l’interesse verso la storia dei diritti femminili e la lotta per la loro affermazione ha ben poco a che vedere col femminismo radicale e fallimentare di certi ambienti e, soprattutto, è una tematica trasversale a qualsiasi formazione partitica, essendo nata in seno al mondo europeo piccolo-borghese che, di volta in volta, nel corso dell’età moderna e contemporanea, ha trovato affinità con diverse formazioni partitiche e realtà sociali.

Il grande inganno della questione femminile monopolio della sinistra

Bisogna in realtà partire dal lontano XVII secolo in Inghilterra e parlare di Mary Astell, la più importante scrittrice per lo sviluppo della “questione femminile”. Cartesiana, anglicana praticante si servì della ragione e dell’argomentazione logica, come faremo noi oggi, per dimostrare come il costume e i pregiudizi rendevano difficile per le donne sviluppare capacità razionali e avere successo nell’istruzione. Questo portava alla credenza dell’inferiorità intellettuale delle donne, prova poi che le escludeva dalla sfera pubblica e politica. Fu lei la prima a porre la questione e a cercare, come vedremo, una pragmatica soluzione. Pur contrastata dall’ambiente in cui viveva, elaborò una sistematica, rigorosa e convincente argomentazione a favore del diritto  delle donne di educare la loro mente e, quindi, poter avere accesso  ai pieni diritti civili. È ancora lei ad aprire la questione in maniera massiva dando alle stampe i propri scritti, vera pietra miliare su cui poi altri uomini e altre donne avrebbero lavorato. È quindi a lei che va riconosciuta la primogenitura di una presa di coscienza in senso politico del problema, non all’ambiente del bolscevismo, che ne ha reclamato il diritto e la divulgazione. 

L’opera della Astell non dipendeva da organizzazioni di base maschile, lei è stata una donna di lettere indipendente che ha creato una nuova figura femminile in grado di divenire modello per diverse generazioni di donne non solo inglesi, ma anche italiane, ovvero quella donna che sceglie di vivere da sola, esclusivamente con la forza del proprio talento, senza per questo perdere rispettabilità e diritto di essere ascoltata. La Astell è stata inoltre la prima  a formulare una coerente analisi sui problemi che erano alla base della questione femminile, ovvero l’educazione delle donne, come già anticipato, la natura del contratto matrimoniale e il ruolo di subordinamento della donna nella sfera privata e pubblica. In tal modo ha preparato la strada alle tesi politiche e alla teoria sull’emancipazione femminile del Novecento. Attenzione che la sua posizione nasce però da un sereno rapporto col mondo maschile a lei più vicino e col proprio tutore, per di più religioso, il reverendo Ralph Astell, che non ha mai interrotto la di lei formazione, iniziando la sua studentessa alla filosofia dei platonici di Cambridge, eredi di Descartes e Hobbes, senza che la Astell entrasse in contraddizione tra la propria formazione e la pratica religiosa. Una donna in equilibrio quindi con il sapere, la religione e la presenza maschile, tre condizioni che poi difficilmente nel Novecento  si sono ripetute a livello massificato.

È sempre sua la creazione del primo circolo di donne non sposate a Londra che mantenevano rapporti con le donne delle altre classi sociali, tra cui le parenti dei loro domestici, dimostrando un costante interesse nei confronti del benessere e dell’educazione femminile, un inconsueto senso di responsabilità nella società della metà del XVII secolo. Questo si è tradotto in una lotta sì, ma entro l’amore per l’ordine e la stabilità  politica in cui raggiungere obiettivi comunitari e non all’interno di un contesto di rivoluzione politica atta a destabilizzare lo Stato, come emerge dai sui scritti Riflessione sul matrimonio e Proposta alle SignoreL’istruzione, e non la rivoluzione, insomma, era lo strumento per la liberazione della donna garantendole indipendenza, maggiore competenza anche come moglie e madre, qualora la donna avesse voluto accedere all’istituzione matrimoniale per propria convinzione. Una posizione che prevede quindi la centralità del rapporto tra individuo e collettività, un ponte tra collettività e individualità.

Gli eredi di Mary Astell

Per questo una integrazione possibile nel Novecento, dopo il riconoscimento effettivo e giuridico della parità di genere nella Carta del Carnaro, fu il progetto del corporativismo, perché basato sulla cooperazione di una società organica all’interno dello Stato etico gentiliano in cui il Noi è insito nell’Io, uno Stato che nella sua formazione non lascia alcuna concessione alla violenza. Gli eredi più rigorosi della Astell, nel nostro Novecento, sono quindi in primis il d’Annunzio della Reggenza del Carnaro, anche per la politica sociale legata al divorzio e all’accesso femminile ai servizi ausiliari dell’esercito,  e il Corporativismo, seppur non riuscirono a pieno nel loro intento, meno, come analizzeremo, invece il leninismo e i suoi diretti eredi, che hanno posto la donna in scontro con l’ordine politico e la religione prima, infine col mondo maschile poi, aprendo di fatto uno scontro impari e fallimentare.

La Astell in A serious proposal to the ladies for the advancement of their true and greatest interests. By a lover of her sex (1694), che ebbe 5 edizioni a partire dal 1701 in tutta Europa, ha elaborato inoltre una proposta attuativa volta alla creazione di un collegio femminile atto all’emancipazione della donna e proprio a questa puntuale risposta sociale deve molto Daniel Defoe nel suo progetto di un’Accademia delle Donne. 

In A Serious proposal to the ladies part II wherein a method is offer’d for the improvement of their mind ( 1697) la Astell aggiunge un ulteriore tassello per l’autonomia femminile, creando un manuale per il potenziamento delle doti naturali femminili, definendo nei dettagli un modello di apprendimento, basato sul potenziamento delle abilità comunicative,  appositamente finalizzato a rettificare i pregiudizi contro l’intelligenza femminile. Lei è stata inoltre la prima a rilevare la palese discrepanza tra i diritti degli uomini in ambito politico, nello Stato, e i diritti delle donne nel matrimonio. Infatti sosteneva che gli uomini pretendevano di esercitare verso la donna un dominio arbitrario che invece, nell’allora società inglese, aborrivano nello Sato, senza che la donna avesse strumenti per opporsi. Una situazione che nonostante la Rivoluzione Bolscevica rimase immutata  nello Stato leninista russo. Anche relativamente a quest’ultima tematica è stata la Astell la creatrice di un “ nuovo modello sociale” che, come abbiamo già detto, proprio nella Carta del Carnaro del 1920 ha trovato il primo compimento legislativo nella possibilità per le donne di accedere al divorzio, qualche decennio prima che la sinistra progressista se ne occupasse.

Ritornando al “piano di studio per donne” si tratta di uno strumento non legato a un partito, così come non poteva essere affiliata a nessuna formazione politica la sua ideatrice, la quale quindi non doveva render conto a nessuno. Si tratta allora di un piano libero e fruibile grazie all’alfabetizzazione, una possibilità quella data dalla Astell che la rende la pioniera della “ questione femminile” e per questo la sua è la prima, e forse unica, proposta trasversale alla società europea, in quanto il progetto è innestabile su qualsiasi classe sociale, purché  le donne abbiano accesso alla letto-scrittura, innestabile soprattutto su una società politicamente “ ordinata”, perché è in questa condizione che la questione femminile trova una possibile via di affermazione, non nel caos istituzionale dell’egualitarismo leninista-bolscevico. 

Silvia Luscia

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1 commento

fabio crociato 24 Giugno 2023 - 8:06

La questione femminile è diventata monopolio del capitalismo, dopo le classi i generi ed oggi siamo ai tipi… e sottotipi ! La buonafede non deve risultare paravento di un processo diventato sempre più dirompente e meno costruttivo.

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