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Il caso Boldrini-Grillo e il linguaggio della politica

by Rolando Mancini
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bolgRoma, 3 feb – La bagarre che ha coinvolto il presidente della Camera Laura Boldrini e il leader del M5S merita una riflessione più che sul fatto in sé, abbastanza patetico, sulle modalità del diverbio.

Il linguaggio della politica e dei media, come ampiamente dimostrato dal suddetto caso, sta perdendo sempre più di vista il reale significato delle parole limitandosi a  dare ad esse una connotazione puramente ideologica e strumentale con l’obbiettivo di suscitare delle reazioni morali o emozionali.

Le accuse che vanno per la maggiore sono quelle di squadrista, sessista, fascista, anti-democratico, razzista, xenofobo, omofobo, antisemita. Non mi dilungherò qui nello spiegare cosa il fascismo e lo squadrismo abbiano rappresentato nella storia, sono fenomeni sicuramente complessi e non etichettabili sotto categorie ben precise. Quel che interessa ora è capire perché e come questi termini vengano utilizzati.

Il filosofo Leo Strauss può venirci in aiuto con la sua teoria della Reductio ad Hitlerum, consistente in : “una tattica oratoria mirante a squalificare un interlocutore comparandolo ad Adolf Hitler o al Partito Nazista. Questa mossa polemica, basata su una fallacia logica riconducibile alla tipologia dell’argomentum ad hominem, può ottenere l’effetto di escludere la persona coinvolta dal campo politico o sociale evitando ogni dibattito di sostanza con questi”.

Un escamotage insomma per evitare la discussione sul merito della cosa e screditare tout court l’avversario, una maschera buona per coprire mancanze ben più significative come scrive il giovane filosofo marxista Diego Fusaro: “Sessismo, antifascismo, lotta contro lo squadrismo: quanti alibi, signora Boldrini, per poter essere volgarmente apologeti della finanza, del capitale e delle banche che stanno portando alla rovina del nostro popolo. Quanta foga nel denunciare tutte le violenze che non siano quelle silenziose dell’economia e del mercato. Il manganello oggi ha cambiato forma, ma si fa ugualmente sentire: si chiama violenza economica, taglio delle spesa pubblica, rimozione dei diritti sociali. E’ un vero peccato, signora Boldrini, che lei e il suo risibile partito non diciate nulla contro questo manganello, non meno odioso di quello precedente”.

Sala d’attesa per neri nell’America degli anni sessanta

Alibi politico dunque, ma anche veicolo imprescindibile dell’ideologia dominante : i fischi a Balotelli diventano puntualmente cori razzisti, le accuse ad Israele diventano immediatamente anti-semitismo, posizioni contrarie all’immigrazione selvaggia diventano subito xenofobia e così via. Ma quel che è peggio è l’ipocrisia che fa da contorno a questo modus procedendi. Perché ad esempio tutti si scandalizzano se Putin fa leggi in difesa della famiglia e nessuno dice una parola sulla condizione della donna in Arabia Saudita (dove le donne non hanno neanche il permesso di guidare la macchina)? Perchè, a proposito di razzismo, nessuna dice che gli U.S.A solo nel 1970 hanno eliminato le leggi sulla segregazione razziale?

Domande retoriche ovvio, ma utili a far emergere la reale funzione dell’utilizzo di certe parole nella dialettica politica. Iper-ideologico.

 

Rolando Mancini

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