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Il ritorno del Cavaliere Oscuro, l’attualissima visione di Frank Miller

by La Redazione
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Roma, 23 feb – È il 1986. Sei un appassionato di fumetti. Vivendo negli Usa stai respirando l’atmosfera dell’immane sforzo di rinnovamento che sta agitando le due case editrici più importanti, Marvel e DC Comics. L’anno prima la DC Comics ha pubblicato Crisis on Infinite Earths, una maxiserie in 12 puntate che avrebbe dovuto azzerare una mitologia super erotistica vecchia di quasi 50 anni, e ripartire da zero nell’epoca Reaganiana. Esperimento riuscito solo parzialmente, e infatti a quasi 40 anni di distanza la DC Comics è sempre il monumentale casino che era, con dimensioni e realtà alternative che vanno e vengono come pendolari all’ora di punta. Nel 1986 la Marvel di Jim Shooter lanciò il New Universe, con l’idea di “Noi non dobbiamo riparare cosa abbiamo fatto. Noi le cose quando le facciamo le facciamo bene, e basta”. Invece di azzerare il vecchio, aggiungere il nuovo. Un nuovo universo super eroistico, pensato, progettato, pianificato, voluto da Shooter. Un grande, immenso flop che ancora oggi, in epoca di rivalutazioni postume per cani e porci, nessuno ha ancora avuto il coraggio di rivalutare. Tutto da buttare quindi in quel lontano 1986? Ovviamente no. Se grandiosi progetti stesi a tavolino, sulla base di “Lo so io cosa vuole il pubblico!”, alla resa dei conti si sono rivelati chi più chi meno fuffosi, alcune gemme, frutto del genio purissimo del singolo, restano tuttora indiscusse. È il caso di The Dark Knight Returns, miniserie in quattro albi prestige (48 pagine a colori su carta patinata, al contrario dei normali albi a 32 pagine su carta a poco prezzo) nella quale Frank Miller, all’epoca giovane arrembante autore ma non ancora il FRANK MILLER (tutto maiuscolo) che sarebbe diventato di lì a poco, espone la sua visione di Batman e del mondo di metà anni ’80.

Come era l’America nel 1985? Come era New York (perché Gotham, la città di Batman è New York nei suoi lati più cupi e oscuri) nel 1985? Com’era Miller in quell’anno? Ogni opera, quando è veramente opera d’arte frutto del genio dell’autore è al tempo stesso senza tempo e profondamente innestata nel SUO tempo. Inoltre i fumetti, in quanto sì lavori artistici, ma anche opere mirate all’intrattenimento immediato per i lettori, devono per loro stessa natura essere innestati nel loro tempo. Sono quasi delle capsule temporali, che lette a distanza di anni o decenni, svelano, a chi sa leggere, indizi dell’hic et nunc in cui sono nati.

Il ritorno del Cavaliere Oscuro o il Cavaliere Oscuro ritorna?

Dark Knight Returns è nato a metà anni ’80, negli USA, da un fumettista di New York che viveva nella Grande Mela e che aveva vissuto in prima persona i deliranti anni ’70 della Big Apple, anni in cui New York aveva rischiato la bancarotta, e in cui il Giustiziere della Notte impersonato da Charles Bronson dava voce alla rabbia inascoltata della classe media. Già il titolo è ambiguo. Dark Knight Returns. Il Ritorno del Cavaliere Oscuro o Il Cavaliere Oscuro ritorna? Parliamo di un dato o di un azione? Di un evento o di una scelta?

In ogni caso è un ritorno. Nell’antica Grecia si diffuse una tradizione letteraria che raccontava il ritorno degli eroi dalla guerra di Troia, i Nostoi, sulla falsariga dell’Odissea che è il ritorno di Ulisse a Itaca dopo la guerra.. Gli eroi che erano partiti giovani e che nell’Iliade si abbandonavano a imprese roboanti, in questi racconti sono in avanti negli anni, spesso stanchi della vita vissuta, e non sempre il ritorno è lieto. La vita a volte si allontana dagli eroi, e prende strade diverse, arrivando in luoghi dove i valori antichi non contano più. I Proci, che tentano di profanare il trono di Itaca e il talamo del Re, sono l’esempio della decadenza a cui l’eroe torna. Miller aveva in mente un Nostos per Batman? Il mondo si era allontanato talmente tanto dall’eroe da perderlo di vista? E l’eroe lottava per tornare, risalendo metro dopo metro l’abisso in cui era precipitato (o in cui era stato rinchiuso)?

La visione di Frank Miller

La storia si apre nel futuro (futuro per i lettori di allora. Oggi in effetti il mondo evocato da Miller è semplicemente il nostro presente, nulla di più e nulla di meno), un futuro in cui da molti anni Batman è svanito. Non si sa cosa sia successo. Semplicemente a un certo punto il protettore della città si è sentito stanco. Ha sentito chela città non dovesse (o volesse?) essere più protetta. Tra le righe Miller sembra accennare a una sconfitta. Molti anni fa il Joker è riuscito a uccidere il secondo Robin (Jason Todd) e Batman, dopo averlo consegnato alla giustizia, è svanito. Gotham City dopo uno shock iniziale ha superato la perdita adottando la soluzione più semplice: ossia riscrivendo a posteriori la storia. Batman? In realtà ora che possiamo parlarne a mente lucida, applicando i giusti ragionamenti, capiamo che era inutile. Era un vigilante che non seguiva le regole del vivere civile. Si riteneva al di sopra delle leggi, e delle norme stabilite dalla maggioranza. Era un individualista, che non accettava le decisioni della maggioranza e pretendeva di sapere lui cosa fosse meglio per noi. Molto meglio che sia sparito. Finalmente possiamo pensare con la nostra testa, e decidere noi il nostro destino.

Il Paradosso di Miller: Siamo talmente liberi che possiamo scegliere CHI ci dice cosa pensare.

L’America degli anni ’80

Peccato che l’assenza di Batman abbia portato alla follia comunicativa. Miller qui attinge a piene mani alla situazione sociale di metà anni ’80. Gli Stati Uniti erano sopravvissuti a stento agli anni ’70, tra impennata dei prezzi del carburante (1973), Watergate (sempre 1973), fine della guerra nel Vietnam (1975) inflazione galoppante, crisi dell’industria dell’auto, spopolamento delle metropoli (Detroit, Chicago, ecc…). la bancarotta sfiorata da New York, la crisi con gli Ayatollah in Iran, e così via. Negli anni ’70 poi c’era stato un aumento del tasso di criminalità urbano nelle grandi città come New York, Chicago, Los Angeles, Detroit. Il decennio è anche ricordato come quello in cui i serial killer iniziano a diventare un elemento costante nella vita degli USA. Il figlio di Sam, Zodiac, Ted Bundy, e così via. Ed è anche, elemento probabilmente legato a quanto detto prima in quanto espressione letteraria dello stress sistemico, il periodo in cui la narrativa horror inizia a dominare le classifiche dei best seller (Stephen King, Peter Straub, Dean Koontz). Quando nel 1980 Ronald Reagan diventa Presidente, si trova davanti un paese psicologicamente depresso, con punte di crisi isterica. La prima presidenza Reagan serve a rimettere in sesto il paese. Le Olimpiadi di Los Angeles nel 1984 segnano l’apoteosi della voglia di rivalsa americana, e il secondo mandato di Reagan vede la nazione apparentemente sempre più sicura di sé. Apparentemente.

I problemi restavano. La criminalità restava. Il progressivo impoverimento della classe media continuava. La guerra fredda era a livelli gelidi, e dietro la facciata muscolare e sicura di Reagan, i traumi e le ferite rimanevano. Miller scrive la sua storia in questa atmosfera. La vive. È il suo presente, e da giovane autore newyorchese, assorbe il malessere della Grande mela. A un certo punto Batman è svanito, e le cose hanno cominciato a precipitare nel caos. La gente non si è fidata più dei super eroi, e ha deciso che non li voleva. Anzi, aveva quasi deciso che i super eroi dovevano pagare per la loro presunzione di ritenersi migliori degli altri.

Breve riassunto perché non è la storia in sé che ci interessa

Dieci anni dopo la scomparsa inspiegata di Batman la vita a Gotham procede secondo i canali che uno si aspetterebbe in un mondo che ormai ha deciso di fare a meno del buon senso. I super eroi sono scomparsi. Gli USA hanno un atteggiamento baldanzoso verso l’URSS (dato che connota storicamente la miniserie. Quando Miller scriveva la storia l’Unione Sovietica esisteva ancora, e il pericolo del possibile scontro atomico tra USA e URSS era presente nella psiche degli americani). Il joker è in prigione, ma alcuni psicologi lottano per farlo scarcerare in quanto “il crimine si combatte amando i criminali e non colpevolizzandoli”. Nelle strade nazisti siliconati con tette enormi, rapinano negozi per mettere da parte i soldi per il cambio di sesso. Dalle gallerie (fogne?) sotto la città salgono i mutanti e dilagano per le strade. E per finire il super eroe al soldo del potere, Superman, entra in scena per bloccare Batman e farlo rinsavire.

Si perché nelle prime pagine della storia Batman ritorna. Non è più possibile tenerlo nella prigione in cui l’ha rinchiuso lo stanco Bruce Wayne. Batman torna e per prima cosa affronta la criminalità spicciola. Poi il Joker. Poi tocca al Re delle Fogne. E infine Superman. È un crescendo Prima Crimine, poi la Follia, poi la Disumanità, e infine la Potenza sottomessa al potere. Tutti nemici che Batman, l’anziano, invecchiato, irriducibile Batman, deve affrontare in una strada che lo porta ad essere da eroe solo a padre di una nuova generazione.

Alfa, Sciamano, Patriarca

Maschio Alfa. Sciamano. Patriarca. Termini pericolosi per il dibattito culturale di oggi. Ma il problema, semmai, è nel dibattito, non nei termini. Batman in questa stria cos’è? È un eroe che ritorna, e l’abbiamo detto. È l’eroe che non si conforma al nuovo modo di pensare. È colui che guida, quindi l’Alfa e non il gregario (la sessualità dell’Alfa non importa, quel che conta è la posizione nella gerarchia sociale). È colui che vive ai margini, rispettato ma non amato, invocato ma tenuto al di fuori della tribù. Colui che protegge anche quando i protetti non riconoscono la loro necessità di esserlo, e anzi sono ostili al protettore. Quindi è Sciamano. Ed è, soprattutto nella parte finale, il Patriarca, l’anziano che trasmette alla nuova generazione la conoscenza esoterica necessaria per resistere alla crisi che verrà.

Ancora una notazione: quando Batman finge la morte contro Superman, usando l’astuzia laddove la potenza bruta non basterebbe, è il Trickster, l’ingannatore, l’astuto manipolatore che ha una strategia e la porta avanti eludendo l’autorità che usala forza bruta per imporre un volere massificante.

Il ritorno dell’eroe

Accanto al ritorno dell’eroe tutta la storia di Miller verte sul concetto di trasmissione del ruolo. Batman da solo non basta. L’eroe da solo può fare qualcosa, ma ormai è come Dominc flandry, spia imperiale che nei romanzi fantascientifici di Paul Anderson lotta a favore della Terra contro i barbari Merseiani, e che di sé dice “Siamo come coloro che cercano di bloccare un fiume a mani nude. Possiamo al massimo rallentare la caduta, ma essa avverrà”. Batman, il maestro stratega, il protettore che è sempre dici passi avanti all’avversario, sa che la strada non è quella di ergersi da solo e basta. Accanto all’azione individuale deve esserci la preparazione di una nuova generazione, la trasmissione della missione e dei saperi necessari e annessi a questa. Ecco perché un Robin è necessario. Ecco perché è necessario un capo che instradi e guidi le nuove generazioni, perché evitino le tentazioni del mondo ormai perduto e si preparino per il momento della prova. Batman alla fine svanisce di nuovo, morto agli occhi del mondo ma celato nelle profondità della terra, dove trasmetterà il suo sapere a una nuova generazione. Mosè e non Abramo, non vedrà la Terra promessa, ma può confidare che chi lo segue sia abbastanza forte da superare la prova.

PS. Un’ultima riflessione sulla differenza tra Il Ritorno del Cavaliere Oscuro e Watchmen, differenza che è anche la differenza tra i due autori, Miller e Moore.

In entrambe le opere abbiamo tra i personaggi una figura paradivina, il Dr. Manhattan nel caso di Watchmen, e Superman né il Ritorno del Cavalier Oscuro. Dico “figura Divina” nel senso del Deus ex Machina, il Dio che i romani usavano per risolvere i conflitti irrisolvibili. Il Dr. Manhattan risolve la guerra del Vietnam in modo palese, quasi sfacciato, mostrandosi ai vietcong e assumendo ai loro occhi uno status divino. Da quel momento in poi gli USA hanno la superiorità strategico-politica sull’URSS perché “Dio è dalla nostra parte”, nel senso che il Dr. Manhattan in caso di problemi interverrà palesemente con i suoi poteri.

Il deus ex machina nascosto di Frank Miller

In Miller invece il Deus ex Machina è nascosto. Superman, che lavora per il governo avendo barattato la libertà in cambio di quella dei suoi colleghi, è un mito. Il suo nome non viene mai pronunciato, e quando interviene è come il vento che passa e spazza via il nemico.

E qui si può notare la differenza tra gli autori. Per Miller, cresciuto come cattolico, Dio esiste, ma non si vede. Agisce in modo misterioso e invisibile. Per Moore invece, non-cattolico e seguace del pensiero magico, gli Dei esistono e sono reali. Quindi è del tutto logico che si rendano manifesti a chi sa vedere. E il mondo di Watchmen è un mondo dove TUTTI possono vedere il Dr. Manhattan. Quindi è sensato che lui (la cosa più vicina a un dio) si esibisca senza problemi.

Alessandro Bottero

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