In occasione dell’uscita in libreria dell’ultima fatica letteraria di Pietrangelo Buttafuoco “Il dolore pazzo dell’amore”, abbiamo intervistato l’autore.Pietrangelo è da poco uscito il tuo nuovo libro “Il dolore pazzo dell’amore”, ma in un epoca come la nostra si è ancora capaci di provare un “dolore pazzo” o come diceva Giorgio Locchi “le società decadenti non sanno più amare né odiare, sono già tiepide”?
Chi decade scivola nel tiepido, non c’è dubbio. La nostra società è già stata resa sterile. Alcune monadi, in Occidente, sono come delle finestre che riportano al sentimento dell’origine. Vorrei dire: al luogo dell’origine. Ed è un’emozione che consente a tutti di potere restituirsi all’autenticità del cuore. Dove c’è la pazzia dell’amore. Nulla di sentimentale in tutto ciò, piuttosto un istinto che la vita concede a chi si lascia catturare da ciò che si è e non da ciò che altri vogliono farci diventare.
Nel libro parli dei luoghi dove sei cresciuto, dei personaggi che hanno fatto parte di quello che era ed è il tuo mondo. Ma che futuro ha quel mondo così caldo e familiare? Sopravviverà all’era della globalizzazione?
La globalizzazione macina solo ciò che si lascia rovinare. La nostra prospettiva, quella di italiani per esempio, è residuale e periferica. Nessun campione scelto a caso dalla sondaggistica potrebbe risultare utile per testimoniare la capacità di trasmissione dei codici e dei valori della nostra identità nazionale attraverso le varie schegge di target sociale e ideologico. Il cittadino medio, infatti, è solo un consumatore. Fa parte del pubblico e non può che essere preda di manovre di marketing. Veri e proprio esperimenti di manipolazione dove tutto quel che c’è stato, sparisce. Fino agli anni ’70 del secolo scorso un adolescente poteva condividere il bagaglio culturale e sociale di almeno tre generazioni a lui precedenti. Il fatto stesso di sedere a tavola con la famiglia e consumare la stessa trasmissione di varietà faceva sì che si saldasse un unico codice dove figlio, padre, nonno e memoria di quest’ultimo potevano creare un corto-circuito fruttuoso. Adesso, già subito dopo la pubertà, le ragazze e i ragazzi vivono un mondo separato. E indottrinato. Solo le società emergenti e ricche, quasi tutte intrise nella tradizioni, come Cina e India, hanno saputo mantenere vivo il codice comune tra le generazioni.
Da quando hai deciso di intraprendere la carriera di scrittore e giornalista non hai mai pensato di (ri)entrare in politica? Lo faresti per la “tua” Sicilia?
Nella mia Sicilia è impossibile. Si deve, prima di tutto, procedere a un passaggio: cancellare l’autonomia regionale siciliana. Il vero cancro del disastro sociale è in questa presunta specificità i cui danni – tutti certificati dall’autonomia – hanno segnato a tal punto che occorre procedere senza infingimenti. Con un commissario straordinario. E con poteri straordinari. Nessuna elezione potrà mai rinnovare il ceto politico. Si deve sospendere la cosiddetta democrazia.
I tuoi libri sono apprezzati tanto a destra quanto a sinistra (se ha ancora senso parlare di destra e sinistra), nonostante tu non abbia mai negato l’appartenenza ad una determinata area politica. L’arte, “la cosa bella”, può abbattere il pregiudizio politico? Anche se quel pregiudizio politico si chiama antifascismo?
Io ho un’identità. Non ho un’appartenenza. Ma il pregiudizio politico è molto forte. Per la destra non sono affidabile mentre per la sinistra non sono di sinistra. Ed è il motivo per cui, rispetto ad altre storia di scrittori, nella mia c’è questa fatica doppia perché – è ovvio – alcuni passaggi di facilitazione mondana, sia essa una comparsata da Fabio Fazio, sia il battage concesso ai protagonisti del regime culturale, non mi verranno mai dati. Ma l’arte, “la cosa bella”, patisce un altro passaggio chiave nella trasformazione della nostra società. E cioè che tutto diventa lingua morta. E’ già tanto se ancora resistono le librerie. Sono destinate a sparire come le cabine telefoniche ma se al posto di queste ci sono, moltiplicate per cifre spaventose, i telefonini, al posto delle librerie non verranno certo gli e book piuttosto il disuso di una fatica necessaria alla libertà, lo spirito critico il cui esercizio è generato dalla lettura. La gente non riesce a essere concentrata su un testo scritto per più di tre minuti e la prossima elite, sarà la prima a essere costituita da professionisti, parlamentari, giornalisti e dirigenti d’azienda che nella loro vita non avranno mai letto Dostoevskij. E sarà una tragedia.
Quali sono gli autori o le correnti di pensiero che hanno influito maggiormente nel tuo percorso di vita?
Seguendo il mio percorso di studi, dal liceo classico fino a filosofia, ho lavorato sempre intorno a tre capitoli: la sapienza greca, la filosofia di Federico Nietzsche e Martin Heidegger, l’Islam per tramite di Henri Corbin
In venti anni di Berlusconismo la cultura di “destra” sembra non aver fatto un solo passo in avanti. Come mai? Perchè la sinistra riesce a vendere Flores d’Arcais come un fine intellettuale e la destra non riesce a dare una trasmissione in Rai o la direzione di un quotidiano a Buttafuoco?
Mi ripeto: per la destra non sono affidabile, per la sinistra non sono di sinitra. Ho un’identità, non un’appartenenza e la destra, comunque, cerca solo camerieri.
Intervista a cura di Rolando Mancini