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«Ho lottato per l’Italia e raccolto i corpi di Gorla»: parla l’ausiliaria Rosanna Rapellini

by Francesca Totolo
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Rosanna Rapellini ausiliaria saf

«Gli italiani devono conoscere la verità». Così Rosanna Rapellini, crocerossina arruolata come volontaria nel Servizio ausiliario femminile (Saf) a Novara, ci accoglie nella sua casa piena di ricordi e testimonianze di quell’epoca. Novantanove anni di pura determinazione, Rosanna è un fiume in piena nel raccontare gli anni della guerra, la dedizione delle ausiliarie e la ferocia degli Alleati e dei partigiani.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2023

«Nell’immediato dopoguerra, quando andavo al cimitero di Agrate a portare un fiore ai nostri caduti, i comunisti mi sputavano addosso»: Rosanna spiega così le umiliazioni ricevute dai partigiani quando si recava al cimitero di Agrate Conturbia. Lì sono custodite le spoglie di tanti italiani che furono uccisi nel tristemente noto bosco della Bindellina, dove i partigiani avevano installato un «tribunale del popolo» alla fine dell’aprile del 1945. Dopo un processo sommario, centinaia di persone vennero torturate e uccise, anche solo se sospettati di simpatie verso il fascismo. I cadaveri furono poi gettati nel bosco. Tra le vittime di quella strage, c’era anche una ragazza diciottenne, violentata e trucidata dagli antifascisti.

Il ricordo dell’ausiliaria Rosanna Rapellini

Classe 1924, Rosanna Rapellini è nata ad Ala (Trento), dove ha vissuto per quattro anni. Poi la famiglia Rapellini si trasferì prima ad Arona (Novara) e poi a Domodossola (Verbania). Francesco, suo padre, partecipò alle campagne di Albania e di Grecia durante la Prima guerra mondiale: «All’epoca, mio padre prese la malaria e, non potendo più lavorare in officina, dove svolgeva la mansione di capomeccanico, gli fu riconosciuta la malattia dallo Stato. Per questo motivo, gli fu data la mansione di brigadiere della Milizia ferroviaria».

Il 4 luglio del 1944, Francesco Rapellini fu prelevato a Crusinallo da una banda di partigiani a bordo di un treno della linea Novara-Domodossola, mentre tornava da una visita alla figlia. Fu segnalato da una passeggera, «gentile signora» afferma Rosanna, come poi riferito dal capotreno di quel convoglio: «Si è affacciata dal finestrino, urlando “fermatevi, a bordo c’è un fascista” alla banda di partigiani. Per non creare problemi agli altri viaggiatori, mio padre si è consegnato, anche se il capotreno glielo aveva sconsigliato. “Io non ho fatto niente, ho solo servito la mia Patria”, così si congedò dall’amico, pensando che la sua onestà risiedesse anche in quei partigiani». Ancora oggi, la famiglia Rapellini non conosce il luogo di sepoltura di Francesco, nonostante le numerose ricerche.

Dopo il rapimento di Francesco Rapellini, la moglie e le due figlie (la sorella di Rosanna all’epoca aveva nove anni) furono costrette a trasferirsi da Arona. Tutti i loro averi, imballati per il trasloco, furono rubati dai partigiani, perché c’era il sospetto che quelle casse contenessero armi: «Secondo voi, una donna rimasta sola con due figlie, una ancora piccola, nascondeva delle armi?».

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Rosanna racconta la sua storia di bambina nel Ventennio, tra trasferimenti legati al lavoro del padre, l’istruzione come figlia della lupa, piccola italiana e giovane italiana, ricordando che «i libri di scuola li passava lo Stato dalla prima elementare fino alle superiori», e i sabati fascisti: «Oltre alla ginnastica, era un momento particolare per ritrovarsi tra giovani». Rosanna ci descrive anche le estati passate nelle colonie di Rimini, fondate dal fascismo: «Ora sono state dismesse, ma i bambini con difficoltà economiche esistono ancora».

Abbiamo chiesto a Rosanna cosa successe dopo il tradimento subìto da Benito Mussolini nel 1943: «Tutti i vigliacchi che erano stati zitti fino al 25 luglio, usufruendo pure dello Stato sociale creato e rafforzato dal fascismo, sono venuti allo scoperto, anche molti che avevano appoggiato il fascismo. Si ammazzavano anche tra fratelli. Prima del 1943, non avevo mai visto un partigiano». L’ausiliaria racconta anche dei contenitori lanciati dagli aerei anglo-americani che contenevano soldi e armi allo scopo di spingere la popolazione verso una guerra civile.

«Il mio sogno era quello di fare la crocerossina. Così mi arruolai come ausiliaria a Novara presso il comando che si trovava all’interno del convento delle suore giuseppine. Le ausiliarie prestavano servizio all’ospedale di Novara, dove venivano assistiti i malati e curati i feriti. Nessuna distinzione ideologica, assistevamo pure i partigiani»: così Rosanna parla del suo arruolamento come ausiliaria. Il 3 marzo del 1945, la…

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