Lo scorso anno ha dato alle stampe Il ritorno del padre, un invito a colmare un’assenza inaccettabile, eppure da taluni incentivata, anzi benedetta. Per Claudio Risé – autore di decine di opere tra cui Il Maschio Selvatico 2 e Donne selvatiche, quest’ultimo scritto a quattro mani con la moglie Moidi Paregger – il ritorno del padre è cruciale per garantire non solo un ruolo alla famiglia, ma prima di tutto allo sviluppo di ogni individuo. Risé – abituato a parlare con estrema franchezza e lucidità delle tematiche che affronta – è professore universitario (ha insegnato Sociologia dei processi culturali e di comunicazione e Psicologia dell’educazione), psicoanalista e scrittore, nonché firma del quotidiano La Verità.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di marzo 2023
Intervista a Claudio Risé
Professor Risé, il padre è tornato o è solo una speranza destinata a naufragare sugli scogli della postmodernità?
«Ho l’impressione (come nel libro cerco di documentare), che il padre stia davvero tornando. Tutti i sondaggi mostrano che fin dalla fine del Novecento ci siamo accorti che l’assenza del padre è un disastro antropologico, sociale e politico. La solitudine dei figli crea disadattati, che senza una famiglia dietro di sé sono portati a comportamenti distruttivi. Aborto e divorzio, nei modi in cui sono stati applicati, hanno messo fuori gioco la famiglia e le rispettive leggi sono state volute prima di tutto per catturare la manodopera femminile, che costava meno. Da qualche anno, però, nei Paesi occidentali ci si è resi conto che i danni prodotti lasciando intere generazioni agli abbandoni scolastici, all’abuso di droghe e a comportamenti autodistruttivi, erano superiori ai vantaggi e si è compreso il valore economico-sociale della paternità. Ovviamente non è solo una questione di conti. Le do solo un dato: in Gran Bretagna, nell’ultimo anno, è stato registrato il minor numero di divorzi e il più alto numero di matrimoni, un istituto che l’opinione politicamente corretta dava per estinto».
Molto spesso i figli di oggi non hanno avuto concretamente un padre: come fanno a incarnarlo, se non l’hanno avuto?
«Nelle esperienze che racconto nel libro, raccolte in ricerche in ogni Paese, appare come le generazioni più sensibili siano proprio quelle cresciute con computer e iPhone, che hanno vissuto la sofferenza di non aver avuto un padre in famiglia. Sentono istintivamente il bisogno di un padre e di un madre, un’esigenza che nasce da un disagio esistenziale. La paternità non è un’istituzione politica o culturale, è un fatto naturale, indispensabile alla vita umana».
Lei parla di un «uomo matrizzato» e sempre con minore tempo libero a disposizione: Pound peraltro diceva che il tempo non era denaro ma quasi tutto il resto…
«È il concetto legato all’archetipo del maschio selvatico: essere sottoposti all’esclusivo potere materno significa privare l’uomo della forza fallica, naturale e simbolica, renderlo un oggetto preda dei consumi e degli influencer».
La crisi del maschio è dovuta al femminismo o il suo ruolo stava entrando in crisi da prima?
«Entrambi i fenomeni, femminismo e crisi della maschilità nelle sue forme tradizionali, sono dovuti al…