Roma, 14 gen – Il vero “Jurassic Park” era nelle Alpi occidentali. E’ infatti nelle nostre montagne che sono state rinvenute impronte fossili di grandi rettili sconosciuti, simili a coccodrilli. Orme dalla forma inedita trovate a 2.200 metri di quota nella zona dell’Altopiano della Gardetta nell’Alta Val Maira, in provincia di Cuneo, in seguito al lavoro di tesi del geologo italiano Enrico Collo. Impresse qualche milione di anni dopo la più spaventosa estinzione di massa della storia, dimostrano che l’area delle Alpi non era affatto inospitale alla vita come ipotizzato fino ad oggi. La straordinaria scoperta è stata pubblicata sulla rivista internazionale Peer J da un team di geologi e paleontologi del Muse (Museo delle Scienze di Trento), dell’Istituto e Museo di Paleontologia dell’Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova.
Jurassic Park sulle Alpi
“Tra le varie impronte di rettili rimaste impresse nella roccia quarzarenite, abbiamo trovato in particolare tre passi consecutivi, ovvero tre coppie di orme di zampe anteriori e posteriori lunghe circa 30 centimetri ed eccezionalmente conservate: si vedono perfino i cuscinetti carnosi presenti sotto le falangi”, dice all’Ansa Fabio Massimo Petti, primo autore dello studio ed esperto di orme fossili del Muse di Trento. “Questo ci ha permesso di ricostruire lo scheletro degli arti, appartenenti probabilmente a un rettile arcosauriforme vagamente somigliante a un coccodrillo e lungo almeno 4 metri“. Verosimilmente il grande rettile stava camminando sui fondali fangosi di un’antica linea di costa marina nei pressi di un delta fluviale.
Enormi coccodrilli sulle nostre montagne
“Nel Triassico inferiore quest’area si trovava in prossimità dell’equatore”, specifica Petti. “La mancanza di scheletri fossili aveva fatto ipotizzare che la zona fosse inospitale e che gli animali sopravvissuti all’estinzione di massa di fine Permiano fossero migrati verso altre latitudini: le nuove impronte, però, smentiscono questa teoria”. Marco Romano, paleontologo della Sapienza di Roma, rimarca: “Non è possibile conoscere con precisione l’identità dell’organismo che ha lasciato le impronte che abbiamo attribuito a Isochirotherium gardettensis, ma, considerando la forma e la grandezza delle impronte, e altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista, si tratta verosimilmente di un rettile arcosauriforme di notevoli dimensioni, almeno 4 metri”.
Eugenio Palazzini
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