Nel 1971 venne fatto un esperimento presso l’Università di Stanford a Palo Alto, in California. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di psicologia dell’Ateneo voleva simulare le dinamiche all’interno di una prigione per studiarle. Attraverso un annuncio vennero selezionati 24 studenti che avrebbero ricevuto 15 dollari al giorno per partecipare come guardie o come detenuti. Il carcere venne allestito nei sotterranei del Dipartimento di psicologia. Non c’erano finestre né orologi. Tutta l’area era disseminata di telecamere e microfoni nascosti.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di giugno 2021
La “prigione” di Palo Alto: esperimento o realtà?
Gli studenti volontari nel ruolo dei detenuti vennero forniti di un’uniforme dotata di un numero e incatenati. Gli studenti guardie non ricevettero nessuna indicazione su come svolgere il proprio compito. Le regole le crearono loro. Avevano una divisa cachi, un manganello e occhiali scuri per nascondere gli occhi. Già la prima notte le guardie iniziarono a esercitare il loro potere, con punizioni corporali e altre angherie. La mattina dopo scoppiò una rivolta. Le guardie reagirono con estrema violenza. Dopo aver sedato la rivolta, venne in mente alle guardie di creare una cella di «privilegiati», concedendo ai tre che non si erano ribellati dei piccoli privilegi. Fu spezzata così la solidarietà e venne meno il collante tra i detenuti dela prigione.
Leggi anche: Tutti contenti per il coprifuoco a mezzanotte? Noi no, perché siamo liberi
Al quinto giorno le guardie avevano sottomesso completamente i detenuti. Questi accettavano passivamente gli abusi e le angherie. Ci fu un solo detenuto che cercò di ribellarsi e incominciò lo sciopero della fame. Gli altri detenuti però, invece di considerarlo un eroe, lo trattarono come un piantagrane in cerca di guai. L’esperimento si concluse prima del previsto, dopo solo sei giorni: i detenuti manifestavano oramai instabilità, depressione e…
2 comments
Che al aumentare, pure mal gestito, della popolazione, la terra diventi sempre più simile ad una prigione a macchie di leopardo è un fatto evidente. Coercizioni nei tempi e negli spazi. Bisognerà imparare ad essere “detenuti” (guardie incluse), costruttivi speciali… pena il suicidio.
Non c’era bisogno di citare queste cose (peraltro non molto relate): la mascherina è già un aggeggio spersonalizzante e conformante.