Roma, 24 giu – Sono tutte “battaglie facili” con grandi sponsor. L’impegno politico al tempo del pensiero unico funziona così. Manifesti per il clima? Il Papa è con te. Ti indigni contro il razzismo della polizia Usa? Puoi contare sul sostegno di Chiara Ferragni. Sei un’attivista per i diritti Lgbtqyx etc? Al tuo fianco troverai una multinazionale americana leader dell’intrattenimento commerciale che fattura 20 miliardi di dollari. In assenza del carro del Muccassasina causa restrizioni Covid-19, a guidare sui social la battaglia arcobaleno in Italia ci pensa Netflix. Scorrendo un po’ il profilo Twitter italiano della piattaforma regina dello streaming, non si può fare a meno di notare come degli ultimi 20 post praticamente la metà siano sostanzialmente propaganda Lgbt (con un paio di incursioni antirazziste).

Netflix e le foto dei “baci gay”

Prima la campagna per celebrare il “mese del pride”, con la pubblicazione di alcune immagini di baci gay tratte dai film e dalle serie tv Netflix. Per la gioia di Gay.it. Poi la provocazione, in risposta non si capisce bene quale critica mossa da chi, di piazzare nei prodotti on demand ancora più personaggi Lgbtq+ etc. “Spesso ci dicono che i nostri titoli sono pieni di personaggi LGBTQ+. Sapete cosa? Ne vogliamo mettere ancora di più. Direttamente nei titoli”, recita il tweet corredato da un paio di arcobaleni. E così a dare via al contest nei commenti è sempre Netflix Italia, proponendo come titoli “Gender Things” e “Storia di un’unione civile”. 

In realtà l’operazione, sebbene i numeri di mi piace e condivisioni siano alti, non sembra riscuotere un consenso unanime tra i commenti, anzi. Sembrano primeggiare le reazioni negative, tra le più estreme di chi minaccia addirittura di disdire l’abbonamento e chi si dice infastidito da una propaganda politica così esplicita. “Sentitevi liberi di partecipare ma ricordate sempre gli arcobaleni”, sottolinea il profilo di Netflix Italia. C’è chi si chiede se sia una strategia di comunicazione, con un “ritorno calcolato” o solo “narcisismo del direttore marketing”.

Difficile immaginare che un gigante come Netflix gestisca la comunicazione a casaccio. Probabilmente inserirsi nel solco del pensiero unico e della “società aperta” paga nei confronti di un pubblico giovanile. Mentre non arreca alcun danno economico sul fronte dei “conservatori” che hanno inondato di commenti negativi il post pro Lgbt. Anche perché, se il massimo della minaccia rimane quello di disdire un singolo abbonamento – cosa che inoltre non farà nessuno realmente – la propaganda progressista di Netflix può dormire sogni tranquilli.

Davide Di Stefano

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5 Commenti

  1. Ironicamente sono l’unico che non usa Netflix. Diceva Marco Aurelio ” Il modo migliore per difendersi da un nemico è non comportarsi come lui”.

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