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Nel nome di Craxi: una nuova luce sul Colpo di Stato giudiziario

by Gaetano Montalbano
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craxi

“Non gli consentirò di scrivere la storia dei vincitori, io questo non glielo consentirò. La storia di questi anni sarà scritta bene, sarà riscritta bene in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi capitoli, in tutti i suoi personaggi e in tutti i suoi falsi eroi, che sono più d’uno gli eroi falsi. E si farà l’operazione verità. Non posso far altro, ma la battaglia della Storia non gliela faccio vincere”.
(Bettino Craxi)

Roma, 14 nov – Tanto si potrebbe ancora dire della vicenda umana e politica di Bettino Craxi, ma un plauso va soprattutto all’autore, Mirko Crocoli che, con il suo importante lavoro Nel nome di Craxi (A.Car. edizioni, 446 p., 19€), poggia un altro piccolo tassello utile sul “muro” (troppo spesso sottaciuto e languente i molti suoi punti) della verità riguardo ad una delle vicende più drammatiche e falsate della storia recente di questo Paese. E come giustamente chiosa l’autore sull’opera: “Non è certo lo zelo e la violenza di alcune toghe o un metro di terra tunisina a cancellare quanto di bello fatto da Craxi, per il nostro Paese, per la sua e la nostra Patria!”.

Il Colpo di Stato giudiziario

Il Colpo di Stato Craxi (’92-’94), il primo e più violento golpe della storia repubblicana dell’Italia post bellica, secondo solo al barbaro assassinio di Aldo Moro (medesima matrice ideologica), fu il frutto di un odio viscerale di quella stessa sinistra catto-comunista che tempo addietro (metà ’70) aveva tacciato di stragismo il leader del Msi Giorgio Almirante (Peteano e non solo) e anni dopo ha fatto di tutto per distruggere (riuscendoci pure) un certo Silvio Berlusconi (invito a comparire al G8 di Napoli ’94, favoletta dell’impennata spread 2011 e “Plotone d’esecuzione” in Cassazione 2013). Oggi, invece, va tanto di moda il politicamente corretto, talmente corretto da trascinare in tribunale i cosiddetti “sequestratori” di barconi tunisini e gli pseudo razzisti sovranisti (Patronaggio & “Palamara-chat” docet). Metodi infallibili di una certa classe (si fa per dire) politica di partigiana memoria che del sangue e con il sangue ha fatto la sua arma migliore, sin dalla metà degli anni ’40, quando, a fine conflitto, si è macchiata di crimini indicibili nei confronti di bambini, donne e poveri cristi, rei di aver (secondo loro) solo simpatizzato per Benito Mussolini. Qualcuno si è dimenticato della piccola Giuseppina Ghersi?

D’altronde son fatti così, è ormai comprovato: chi li tocca muore. Sono famosi per questo. Hanno sempre dato prova della loro scellerata bestialità e di una bramosia del potere che (cabina elettorale o non) va avvinghiato ad ogni costo e con ogni mezzo. Gli antagonisti devono essere sbranati. Toglietegli tutto, anche il Breil, ma non le poltrone. Vi scanneranno. Per quelle vi scanneranno. Statene certi. Basta guardare quel che accade oggi nei soliti palazzi del “trono” romano. Si alleano anche con il diavolo (o con gli incapaci) ma non si schiodano.

Tuttavia, i buonisti ben pensanti ci hanno sempre fatto credere per anni, anzi, decenni, che l’Italia è stata in costante pericolo di tenuta democratica a causa di una destra eversiva extraparlamentare (e non solo) che, in più di un occasione, ha tentato di salire al potere con mezzi alquanto discutibili, magari con quei “disgraziati” della forestale di Borghese o al “grido” delle sirene della Benemerita del pluriodiatissimo Giovanni De Lorenzo. Buffonate, buone solo per riempire pagine fuorvianti di tabloid schierati, per indottrinare le giovani leve sui banchi (a rotelle) delle nostre pietose scuole e per ammaestrare quei cretini che ancora credono che (ad es.) Trump sia il cattivo di turno e Biden (il cattolico-abortista) il Santo in terra, dimenticandosi però delle tonnellate di bombe sganciate sui cieli di mezzo mondo dal suo predecessore, “padrino” e mentore afroamericano. La realtà vera è che se c’è stato uno strumento capace di assaltare le istituzioni democratiche di codesto Paese, quello non ha a che fare con i fischietti di Gelli, i raduni di Almirante o il “decisionismo” craxiano, bensì è da inquadrare sia nel blocco dei traditori infiltrati (9° girone dantesco) nelle nostre istituzioni (consegnatici generosamente dal Sig. Mitrokhin) che in una certa magistratura politicizzata (unitamente alla stampa di parte, maledetta e faziosa) la quale, sin dalla fine degli anni ’60, ha allevato e cresciuto i perfetti “killer”, muniti di toghe e tanto veleno in corpo. E, va da sé, che il Giorgione nazionale se l’è cavata solo per i numeri non troppo preoccupanti che uscivano dalle urne. Se solo avesse raggiunto il malaugurato traguardo di almeno la metà dei consensi dell’ex premier socialista avrebbe sicuramente passato tre quarti dei suoi restanti giorni a Rebibbia.

Craxi indipendente, troppo indipendente

A Bettino Craxi, uno dei più convinti anticomunisti della Prima, Seconda e forse Terza Repubblica, non sono state perdonate troppe cose: il coraggioso distacco dai cuginelli filo-moscoviti dopo Praga ’68, la leadership governativa senza il coinvolgimento del Pci, l’autorevolezza e il prestigio dell’Italia a livello planetario degli anni ottanta (suo il merito), il benestare a Washington e alla Nato per l’installazione degli Euromissili Cruise a Comiso, la battaglia per la scala mobile, le politiche migratorie ponderate, l’idea di una “Grande Riforma”, l’allontanamento dalla tanto agognata “Internazionale Socialista”, l’apertura alle reti televisive private, il liberismo commerciale, la lungimiranza politica e il Patriottismo, parolona non gradita (o mai compresa fino in fondo) in Via delle Botteghe Oscure. Nell’estate del 1985 fu il turno del Consiglio Europeo, nello splendido scenario del Castello Sforzesco di Milano. Bettino è il padrone di casa, il Re Mida, l’Imperatore. Egli tiene magistralmente per la “cavezza” gente del calibro di Helmut Kohl, Francois Mitterrand e soprattutto lei, l’indomabile Lady “d’acciaio”, quella Margaret Thatcher che più di una volta ha dovuto piagarsi dinanzi alla cocciutaggine del gigante italiano. Oggi a Bruxelles ci sbattono nelle retrovie, si riuniscono senza di noi, complottano, decidono, maneggiano, intrallazzano, raggirano, tramano e imperversano lasciandoci fuori dell’uscio di casa.

Il Psi ante Craxi, considerato figlio di un Dio minore e/o peggiore, era stato sempre agli ordini del più organizzato e potente partito comunista. Con Craxi a capo della segreteria nazionale di Via del Corso, tutto questo finì. Dal luglio 1976, mese e anno in cui il milanese prese le redini del partito ci fu finalmente autonomia, quel genere di indipendenza politica da una certa sinistra che, altro non è stata, che la sua condanna a morte. C’era da giustiziarlo e Craxi venne giustiziato. C’era da fargliela pagare cara e cara gliela fecero pagare. E’ fuor di dubbio. Poi venne la questione della “grana”, i finanziamenti illeciti al Partito Socialista Italiano, la “falsa” rivoluzione, come sostenne lo stesso Craxi (vero e unico capro espiatorio di quella stagione dell’infamia) ad Hammamet. Il solo, caso strano! Trattasi del più grande bluff da sei lustri a questa parte. Moro, nel suo memoriale, è drammaticamente palese quando ci parla dei rapporti tra la Dc e la Cia. Fiumi di fondi neri da Langley a Piazza del Gesù, così come vagoni, vagoni e vagoni di rubli dalle parti del Cremlino diretti verso Roma, come ben sa (ma tace) qualche “emerito” migliorista (ex inquilino del Colle ed ex “dindarolo” dalla mente corta) che, all’epoca, era al comando della segreteria amministrativa del Pci.

A tal proposito vale la pena ricordare che, nel 1995, Giuliano Peruzzi, con­sulente della Lega delle cooperative fino al ‘92, dichiarò papale-papale al procuratore veneziano Carlo Nordio che “Greganti era no­toriamente il cassiere del Pci-Pds incaricato di raccogliere i finanziamenti illeciti provenienti dalle fonti più svaria­te. Essenzialmente fondi neri costituiti dalle cooperative o mazzette provenienti dagli imprenditori… Pagato Greganti, tutti sapevano che il consenso del Pci era un fatto acquisi­to, pertanto sia gli appalti nazionali sia le esportazioni verso l’est avevano il beneplacito di questa forza politica”. Due pesi e due misure sicuramente ci furono. E Gianni Baget Bozzo non esitò a dire: “Tra noi e la sinistra c’è il sangue di Craxi, che per noi grida vendetta al cospetto di Dio”.

E’ interessante altresì rammemorare anche cosa Reginald Bartholomew, esimio ambasciatore americano a Roma dal 1993 al 1997 disse ai microfoni di Maurizio Molinari il 29 agosto 2012: “Quella era la stagione di Mani Pulite, un pool di magi­strati di Milano che nell’intento di combattere la corruzione politica dilagante era andato ben oltre, violando sistematica­mente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccetta­bile in una democrazia come l’Italia, a cui ogni americano si sente legato. E se fino a quel momento il mio predecessore Peter Secchi aveva consentito al Consolato di Milano di ge­stire un legame diretto con il pool di Mani pulite, d’ora in avanti tutto ciò con me cessò”.

Se ciò non dovesse bastare, a cornice di quanto accaduto in quegli anni, ci sono anche le pesanti parole di un noto giornalista, di sicuro non proveniente da aree di destra e non simpatizzante di Bettino Craxi, ma universalmente riconosciuto come intellettualmente onesto. Pietro Sansonetti, oggi direttore de Il Riformista, tempo fa per Il Dubbio ammise: “Craxi era colpevole. Nello stesso modo nel quale erano sta­ti colpevoli De Gasperi, Togliatti, Nenni, La Malfa, Moro, Fanfani, Berlinguer, De Mita, Forlani… Sapete di qualcuno di loro condannato a 10 anni in cella e morto solo e vitupe­rato in esilio? E’ giusto che un paese, e il suo popolo, riempiano di fango una figura eminente della propria storia democratica, come è stato Craxi, solo per comodità, per codardia, per “patibolismo”, deturpando la verità vera, rinunciando a sapere cosa è stato nella realtà il proprio passato? Io penso di no. Da vecchio anticraxiano penso che dobbiamo qualcosa a Bettino Craxi”.

Gaetano Montalbano

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1 commento

Luigi Saladino 14 Novembre 2020 - 3:13

È tutto da sottoscrivere: i catto-comunisti sono la piaga d’Italia dalla fine del secondo conflitto mondiale e sono giunti al potere attraverso le operazioni dannate e false fi Napolitano e oggi di Mattarella complice di questo governo incapace e incosciente.
Valgono le parole di Gianni Baget Bozzo” Tra i socialisti e il comunisti corre il sangue di Craxi” ,un uomo politico di sicuro spessore internazionale e nazionale non un pellegrino né un accattone.

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