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Gli Stati generali servirebbero alla destra. Per andare oltre il buongiornismo social

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 27 giu – Quando un tuo rivale, o nemico, ti invita ad una festa, la cosa migliore che puoi fare, dopo aver rifiutato il suo invito, è organizzarne una migliore. La destra italiana, o comunque coloro che ritengono di non appartenere a quel blob social mondano sinistroide gretino e politically correct, ha dimenticato questa importante regola, tanto che, dopo aver giustamente rifiutato l’invito di Giuseppe Conte a partecipare agli Stati generali, è rimasta al palo ad aspettare che facesse giorno. Il ricordo del 2 giugno e del colossale tricolore trasportato per le strade di Roma è sbiadito a fronte delle polemiche pretestuose del popolo virologo che vede focolai ovunque e a patto che non si oda Bella ciao, ma anche per il rumore molesto del popolo arancione capitanato da Pappalardo insorto per negare l’esistenza del coronavirus. Dunque, evento archiviato.

Affrancarsi dal pensiero dominante

Una destra di sua maestà, irreprensibile e perbene nel senso in cui la intende la sinistra non può esistere per il semplice motivo che la sinistra non desidera che la destra esista, essendo ammorbata dal suo solito tic per il quale qualsiasi opposizione va derubricata all’ur-fascismo di Eco, quindi demonizzata e possibilmente smembrata anche tramite l’uso dell’arma giudiziaria. La destra, ove intenda esistere e battersi, deve essere ciò che essa vuole, desidera, ritiene più opportuno. Il punto, uno dei tanti punti, riguarda la necessità di affrancarsi dalle richieste subliminali provenienti dalla galassia liberal, fottendosene della loro inquietudine e della loro indignazione. Tanto non cambieranno mai, non faranno mai passi verso un seppur minimo rispetto per la dignità dell’avversario al quale essi riconoscono solo il diritto d’essere appeso per i piedi. Per dire, hanno già riniziato a dare per stravincente Biden e per cane morto Trump, esattamente come quattro anni fa. Non gli portò bene, eppure se ne fregano e ci picchiano la testa.

Una destra che vive in funzione della sinistra

L’impressione che si ha, quantomeno dal 2011 ad oggi, è che la destra viva perché vive la sinistra. Non governa, e, sebbene non sia colpa sua, vi è almeno un opinionista che ritiene che essa dovrebbe cambiare atteggiamento diventando “più figlio di puttana”; attende i soliti strafalcioni della sinistra, che intanto governa indisturbata, per dichiarare la propria posizione momentanea la quale, seppur di buon senso, evapora ventiquattr’ore dopo; battibecca un po’ sui candidati per le regionali e un po’ sui rapporti che l’Italia dovrebbe avere con l’Unione europea, senza giungere ad una via comune definitiva che renderebbe palese l’anima, si spera rivoluzionaria, della destra italiana. Insomma manca di unità di intenti, di forza, di possanza, di spirito d’iniziativa, mantenendosi aggrappata alle percentuali di voto che la rendono maggioritaria ma che potrebbero sbriciolarsi domattina. Non è la politica del cappuccino con brioche a rendere un partito una calamita naturale, soprattutto in un paese come l’Italia che storicamente non è di sinistra. E non sono le dirette Facebook a inchiodare nella mente del cittadino la granitica certezza che qui la destra esiste, è vera, è concreta, pure dura e politicamente scorretta.

Fissare le coordinate

Ciò che potrebbe farlo è una grande riunione di opinionisti, di politici, di economisti, di filosofi, insomma di pensatori che gravitano nell’area della destra e che avrebbero moltissimo da dire e da raccontare, facendo così sapere all’elettorato maggioritario di avere alle proprie spalle una classe dirigente degna d’esser definita tale. Esistono, sono tra noi, non vincono vivaddio premi letterari o giornalistici, ma fanno informazione e spendono la propria esistenza per riaffermare quel concetto che la sinistra storicamente nega, ossia che anche da questa parte della barricata si legge. Anzi, nell’indifferenza generale, si prendono schiaffoni e vengono espulsi dai consorzi culturali che contano, in attesa, l’anno successivo, di rimettersi in fila nella speranza di esservi ammessi.

Tutti questi signori aspettano che qualcuno apra la porta di un evento colossale che avrebbe il fine di mettere in fila le menti più brillanti nate negli ultimi decenni. Le elezioni regionali vedranno, molto probabilmente, la sinistra rimanere con quattro regioni sole. I voti, dunque, vi sono. Mancano le coordinate del pensiero di destra che faccia sentire meno orfani tutti quegli italiani rimasti attaccati a valori e letture opposte al blacklivesmatter-pensiero. Mancano gli Stati generali della destra. Cosa aspettate?

Lorenzo Zuppini

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3 comments

torlead81 27 Giugno 2020 - 6:24

Gli opinionisti, economisti, filosofi,intellettuali… insomma i PENSATORI che gravitano nell’area della destra sono sempre mancati,la sinistra invece li ha intrufolati bene e BELLI RUMOROSI nei posti di potere già nei decenni passati”radicandoli nel sistema…” costruendo un appoggio ben solido per sdoganare le loro ideologie al servizio del politico sinistroide di turno…

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Sergio Pacillo 28 Giugno 2020 - 6:33

San Tommaso Moro pensaci tu.

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Filippo 28 Giugno 2020 - 3:48

Voglio fare una considerazione, c’è una destra che il dibattito culturale lo fa e soprattutto che legge, sapete quale destra è? Ve lo dico: La Destra radicale, oppure se non vi piace come definizione chiamtaela nazionalrivoluzionaria o.nazionalpopolare. Pensate alla quantità di piccole case editrici, ma di qualità, che abbiamo! Già solo quello è un dato interessante, e poi anche ai convegni o presentazioni che si fanno in giro per l’Italia organizzati da movimenti e associazioni d’area! Sicuramente fosse per la destra parlamentare tipo Fratelli d’Italia non ci sarebbe niente, molti suoi esponenti hanno paura a pronunciare la parola mondialismo o neanche sanno che significa! La vera cultura la fa solamente la Destra radicale, nel senso di intransigente e rivoluzionaria.

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