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Quel fascismo marmoreo che fa perdere il sonno ai talebani di casa nostra

by Caio Mussolini
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fascismo architettura

A fine agosto si è giocata la partita Fiorentina-Torino di serie A. Il risultato non ci interessa. Si è giocata allo stadio Artemio Franchi. Fu progettato da Pierluigi Nervi, nel 1931. C’è ancora la torre Maratona. Fu un’opera voluta dal fascismo e tenacemente difesa oggi da comune e sovrintendenza. Negli stessi anni, il fascismo fece costruire tantissimi stadi, tra cui il «Benito Mussolini» di Torino o il «Littoriale» di Bologna, con una grande statua equestre del Duce.

Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di ottobre 2021

Fascismo e architettura

Il fascismo e il calcio, in effetti, ebbero un rapporto contrassegnato solo da grandi successi. Curiosamente, il grande ingegner Nervi lavorò anche dopo il fascismo, occupandosi delle Olimpiadi del 1960, che videro il Foro Mussolini protagonista. Sì, quello dove c’è l’obelisco con la scritta Mussolini Dvx. Quello che Fiano e la Boldrini volevano rimuovere, ma senza successo. Nello stesso periodo, infatti, quando la storica Ruth Ben-Ghiat, sulle colonne del New Yorker, si chiedeva «Perché in Italia ci sono così tanti monumenti fascisti ancora in piedi?», a risponderle ci pensò Emilio Gentile in persona: il grande storico molisano bollò questa furia iconoclasta come una proposta assurda e irricevibile.

La cultura della cancellazione

Ad ogni modo, oggi Nervi non avrebbe potuto lavorare e ci saremmo persi alcuni capolavori. Le opere di Nervi edificate durante il fascismo sono ancora belle e operative, mentre le strutture sportive del Nervi democratico e antifascista – lo stadio Flaminio e il PalaTiziano – sono chiuse e abbandonate al degrado. Finanche un piccolo dipinto di un fascio nel mercato coperto di Perugia, costruito tra il 1930 e il 1932, diventa oggetto di contestazione. Con un poveretto che, pur di attaccare un importante periodo della nostra storia, disquisisce con osservazioni puerili, quasi farneticanti, per richiederne la rimozione. Segno dei tempi. Cosa voglio dire? Che viviamo tempi bui. La cancel culture, che altro non è che il vecchio nichilismo gramsciano, correttamente analizzato da uno studioso cattolico – e non certo fascista – come Augusto Del Noce, sta vincendo. Vince nelle università, negli enti pubblici, nello sport, nelle guerre (pensiamo all’Afghanistan), ovunque. Tranne che…

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