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Le sardine e la lunga marcia del marxismo culturale

by Emanuele Fusi
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sardine, a Roma

Roma, 17 feb – “Se vuoi sapere come sarà l’Europa domani, guarda l’America di oggi“. Detto in altri termini: studia la società statunitense e i suoi fermenti sociali e politici, per capire che un domani anche l’Europa sarà costretta a viverli. Ebbene, anche il fenomeno delle Sardine che imperversa oramai da diversi mesi sul suolo e il palcoscenico politico italiano, non è un fenomeno nuovo, ma abbastanza vecchio se lo osserviamo dal punto di vista del sociologo che si occupa di Nord America.

Le Sardine non sono altro, infatti, che l’avvento di una organizzazione di massa che abbraccia in toto il “marxismo culturale”, termine molto noto per indicare una certa sinistra negli Stati Uniti e in generale nell’Anglosfera (Canada, Australia, Regno Unito). Le radici del marxismo culturale sono da ricercare in quella che è chiamata comunemente la “Scuola di Francoforte”.  I marxisti culturali, critici sia del capitalismo sia del comunismo sovietico, affrontarono i limiti percepiti del marxismo classico nel perseguimento del cambiamento sociale, attraverso un approccio multidisciplinare d’ingegneria sociale.

Dal marxismo classico a quello culturale

Negli anni Sessanta del Novecento la Teoria Critica della Scuola di Francoforte arrivò ad attrarre alcuni segmenti della sinistra e del pensiero di sinistra sia in Europa sia nel nord dell’America. Oggi la sua azione propulsiva è promossa attraverso il mondo accademico, formando il pensiero di tutti gli studenti universitari. Gli accademici di sinistra dominano le scienze sociali, umanistiche e anche quelle scientifiche.

Il marxismo culturale, in questo clima storico politico, ha convissuto con il marxismo classico, fino al crollo dell’Unione Sovietica nel 1989. La sinistra, in seguito, non potendo più contare sui presupposti ideologici dell’economia marxista, ha accolto il marxismo culturale, ristrutturando il proprio impianto ideologico. Il marxismo culturale era compatibile con molti assunti della dottrina sociale della Chiesa cattolica e ha catturato anche alcune frange importanti della destra moderata. I principi universali dei diritti dell’uomo sono stati globalizzati e a tutti gli abitanti del pianeta è stata estesa la libertà di circolazione e d’insediamento nei Paesi democratici.

La Scuola di Francoforte ha ispirato molti movimenti di protesta che lottano per le cause più disparate: femminismo, neo-progressismo, post colonialismo, antirazzismo e movimento LGBT. A essere fatto oggetto di rivendicazione sono i diritti di genere, l’orientamento sessuale, la famiglia, il gruppo biologico, la cultura o la religione. Ogni aspetto identitario della persona è messo in discussione e progressivamente demolito. I singoli individui sono indotti a credere di essere parte di un gruppo di minoranza vittima del sistema che deve lottare per ottenere il riconoscimento di pretesi diritti negati o nuove opportunità.

La classe lavoratrice, oramai priva d’identità sociale e cara al marxismo classico, è stata rimpiazzata da schiere di minoranze in lotta per il riconoscimento di diritti veri o supposti. Il marxismo culturale propone di sperimentare, come conquiste della modernità, una serie di comportamenti: transessualismo, matrimoni misti, ibridazioni, adesione ai fondamentalismi. Una caratteristica costante del marxismo culturale è proprio quella di considerare patologici (cioè malati) tutti quelli che non si adeguano al pensiero liberal e progressista. I punti di vista differenti sono descritti come paure irrazionali o “fobie”. Una celebre manifestazione propagandistica del marxismo culturale è l’obbligo – infatti – di mantenere un atteggiamento “politicamente corretto” allo scopo di costringere tutti i canali mediatici e le scienze sociali ad attenersi ad alcune regole pervasive, prima tra le quali mettere in discussione il comune linguaggio, sostituendolo con parole edulcorate e anodine.

I precursori americani

In Italia, il marxismo culturale – fino ai primi del 2000 – era appannaggio di poche minoranze organizzate e intellettuali, e non ha trovato terreno fertile negli eredi del PCI,se non dopo il 2000; grazie all’egemonia culturale in scuole, università, TV, accademie, sono riusciti a trasformare la stessa sinistra sociale e operaista, in una sinistra post operaista attenta solo ai “diritti civili” degli immigrati, dei gay, dei trans e delle femministe. Negli Stati Uniti, questi processi sociali erano iniziati negli anni ’70 per poi arrivare a trasformare il Partito Democratico americano in un partito avanguardia delle minoranze già nell’era Clinton degli anni ’90. Successivamente, negli anni 2000, negli Usa si è assistito all’emergere del movimento di massa e di piazza dei “Social Justice Warriors” (guerrieri della giustizia sociale), che non sono altro che l’antifascismo militante organizzato, anche in forme violente, del marxismo culturale.

Ecco allora che dopo più di un decennio, anche in Italia assistiamo alla riproposizione di questo modello antropologico-politico-militante, con le Sardine, che ricalcano in certi aspetti il loro gemello americano dei Social Justcie Warriors. Oggi, con la completa trasformazione del Pd in partito post-operaista, e la trasformazione del M5S in partito di sinistra liquida, il marxismo culturale ha trovato la forza e l’appoggio anche partitico, per cercare di diventare forza di massa egemonica al di fuori dei partiti stessi.

Emanuele Fusi

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2 comments

Teoria Critica 10 Aprile 2021 - 3:04

mai letta una maggiore sequenza di idiozie e falsità storiche e teoriche. 1) Anzitutto si confonde la Critical Theory in voga presso i cultural studies angloamericani con la Kritische Theorie dell’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte.
2) Anche ammesso e non concesso che esista LA Critical Theory (e non è vero, ha tantissime sfumature al suo interno) sicuramente non ha niente a che vedere con la Kritische Theorie. Una caratteristica comune degli studi che rientrano nella Critical Theory è un orientamento “culturalista”. La Scuola di Francoforte in genere (anche qui ci sono molte differenze) difende una teoria materialistica dei processi sociali.
3) I rapporti tra movimenti degli anni ’60 e la Kritische Theorie sono tutt’altro che lineari e pacifici come l’articolista vuol far credere. Anzi, non solo Adorno e Horkheimer hanno CRITICATO i movimenti studenteschi, ma perfino Marcuse è stato da questi criticato e ha avuto un rapporto di polemica teorica e politica
4) Attribuire alla Scuola di Francoforte un interesse alla “ingegneria sociale” significa non aver letto neanche una virgola di ciò che hanno scritto contro “Il mondo amministrato” e i pericoli di processi sociali “guidati dall’alto”.
5) Questa roba è puro e semplice antisemitismo mascherato. Quello che siete e fate, lo squallore umano, culturale ed etico che rappresentate è perfettamente descritto negli “Elementi dell’antisemitismo” della Dialettica dell’illuminismo. Il motivo per cui detestate la Teoria Critica senza sapere cos’è è semplice: vi identifica perfettamente per i fascisti ignoranti e risentiti che siete.

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