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Selvaggia Lucarelli non ha capito che amore è un cane che viene dall’inferno

by Matteo Fais
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Selvaggia Lucarelli

«Non ce n’è uno di voi in questa stanza/ che riconoscerebbe l’amore neanche se si alzasse/ e ve lo mettesse nel culo», recitano i versi di una delle poesie più scanzonate di Raymond Carver, scritta dopo aver assistito a una lettura di Charles Bukowski. Sicuramente, a ignorare che amore sia «un cane che viene dall’inferno», per citare il titolo di una famosissima raccolta di quest’ultimo, è proprio Selvaggia Lucarelli con il suo querulo Crepacuore (Rizzoli).

Questo articolo è stato pubblicato sul PrimatNazionale di gennaio 2022

Una faticosa ginnastica coniugale

Mai autobiografia amorosa fu più sentimentalmente prosastica e selvaggiamente banale. La lezione del Pascal Bruckner di Luna di fiele, con tutta la sua poesia, è presa e buttata nel cesso, grazie alla smania da maestrina con la penna rossa applicata all’amore. A paragone con il suo libro, persino le Cinquanta sfumature sono un maremoto che ti travolge con uno sconvolgimento di sensazioni. Il sentimento, in mano sua, è faticosa ginnastica coniugale, borghese richiamo all’ordine per un rispetto reciproco che uccide ogni slancio, triste inquadramento della passione in una seduta di coppia dallo psicologo.

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Il libro parte con un paragone che fa drizzare i peli anche al più perverso degli zoofiliaci. Selvaggia si sente come un’anguilla, a livello amoroso. Precisamente, «l’anguilla europea» che, «in età adulta, compie una migrazione incredibile: attraversa l’oceano Atlantico […] per poi riprodursi e morire lì. Ecco, le larve “orfane”. […] Non restano dove nascono. Nuotano tre anni, sfruttano le correnti oceaniche e tornano dove “la madre” era partita». Supercazzola alla Quark a parte, la scrittrice ritiene di ripetere, a livello sentimentale, il modello incarnato da sua madre e dalle altre donne di famiglia che l’hanno preceduta, tutte sofferenti della cosiddetta sindrome da abbandono che le ha portate a riporre le loro grandi aspirazioni, per arrendersi alla carriera di mogli.

Amore tossico

«Io avrei riscattato il loro passato. Mi sarei presa il futuro che non era stato», dice la nostra. E qui inizia lo psicodramma sull’amore tossico. I protagonisti sono lei – ovviamente – suo figlio – la storia inizia che è già sposata e separata – e un personaggio che per il lettore resta anonimo, di cui si sa solo che lavora nella comunicazione, ad alti livelli. «Aveva quarant’anni, era single, non aveva figli. Non aveva mai neppure convissuto con una donna, se non per brevi periodi. […] Insomma, lasciava vagamente intendere una scarsa vocazione alla condivisione degli spazi». La povera Selvaggia, palesemente appena cascata dal pero, malgrado il matrimonio e le tante relazioni precedenti, non arriva certo a immaginare che un uomo, giunto fino a quell’età in solitudine, abbia sviluppato dei rituali nevrotici dai quali sarà difficile che si liberi. Non ci vuole Freud per capirlo ma, nel fatato mondo degli unicorni progressisti, si è sempre come adolescenti vergini al primo incontro.

Il crepacuore di Selvaggia Lucarelli

Sta di fatto che, a lei, lui piace di brutto: «Imparai, in quella mano che stringeva la mia, la potenza della chimica». Ma il positivo si muta subito in negativo, perché l’uomo è un taccagno e un maniaco dell’ordine. La riprende perché non ha chiuso bene il tappo dell’ammorbidente e, nel weekend, la fa assistere all’ispezione delle pareti, per pulire qualsiasi alone o ditata con una gomma magica per i muri. In effetti, verrebbe da dire «che ansia!», ma Nostra Signora Selvaggia non molla la presa perché «quando ero con lui io non ero solo felice. Ero dissetata. Provavo qualcosa di simile a un appagamento. E quando non ero con lui sentivo uno strano disordine emotivo. […] Vivevo le mie giornate senza di lui come un intervallo, una pausa dell’esistenza. Mi spegnevo, in attesa di riaccendermi quando lo avrei rivisto».

Lì dove chiunque l’avrebbe risolta andando da uno bravo – e lei ne avrebbe avuto bisogno – la giornalista d’assalto resta ostinatamente attaccata alla presa, con la cocciutaggine di una persona priva della seppur minima razionalità – ma ciò non stupisce, nel suo caso. Crepacuore è un libro sostanzialmente fondato sul nulla, su piccoli problemi di coppia. Il fatto è che Selvaggia Lucarelli vuole…

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