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“Teorema sessantottino”: quando Pasolini era l’ospite indesiderato della cultura italiana

by Michele Iozzino
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Roma, 2 nov – Pier Paolo Pasolini è di tutto e di nessuno. Il «papa Giovanni» della cultura italiana è un irregolare di tutte le chiese. Scrittore alla moda e allo stesso tempo arcaico, urbano e contadino, mistico e disincantato. In Pasolini si sono assommate tante delle contraddizioni degli italiani. Non sorprende che nel centenario dalla sua nascita, l’intellighenzia nostrana abbia celebrato l’«intellettuale più citato e meno letto d’Italia» con un fiume di carta. Tra questo strabordare torrentizio si distingue però il saggio di Claudio Siniscalchi dal titolo Teorema sessantottino. Pier Paolo Pasolini alla XXIX Mostra del cinema di Venezia, pubblicato da Ardente Edizioni.

Il ’68 e il cinema

Quello scelto da Siniscalchi potrebbe inizialmente sembrare un angolo visuale fin troppo particolare se non addirittura angusto. Tuttavia, come ci ricorda lo stesso autore, il ’68 e la contestazione giovanile cominciano non a maggio ma nel febbraio e soprattutto «non hanno una motivazione ideologica, ma cinefila». Tutto nasce con la difesa di un vecchio cinematografo, la Cinémathèque française e del suo direttore. È l’affaire Langlois, che scoppia fra le mani di Malroux. Gli strascichi si fanno sentire anche in Italia. Alla Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro gli studenti irrompono e occupano la rassegna. Imitano quanto successo a Cannes, dove Truffaut e Godard danno vita a proteste e gazzarre che chiudono nel caos il festival. Il prossimo sulla lista è proprio la Mostra del cinema di Venezia. Qui si incrociano storie e destini che rendono diverso questo evento. C’è il socialista ed ex fascista Luigi Chiarini che non vuole mollare un colpo. Ci sono i veneziani che più delle rivendicazioni studentesche sentono l’esigenza di una buona stagione turistica. C’è una Chiesa cattolica fra crisi di identità e ricerca di novità. Ma soprattutto c’è Pasolini, con il suo Teorema.

Il film di uno «gnostico» premiato da una giura di cattolici

Pasolini sembra vittima delle proprie indecisioni. Pare volersi mettersi alla testa del movimento studentesco, ma è lo stesso che chiama «figli del popolo» i poliziotti di Valle Giulia. Così la sua partecipazione a Venezia diventa un caso, con Pasolini che una volta annuncia di ritirare il proprio film e un’altra sembra fare di tutto per vincere la contestazione. Finisce per scontentare quasi tutti e gli studenti addirittura lo sconfessano. Un riconoscimento però arriva ed è forse quello più sorprendente: è il premio dell’OCIC (Office Catholique International du Cinèma). Il film di uno «gnostico» viene premiato da una giuria di cattolici. Il premio dell’OCIC è rappresentativo delle spaccature all’interno della Chiesa. Paolo IV interviene contro il film di Pasolini e la fuga in avanti della giuria. In un suo discorso il Papa «stigmatizza “film inammissibili” (Teorema) sostenuti da una “curiosa paura di certi cattolici d’essere in ritardo nel momento delle idee” (i giurati dell’OCIC)». È un’altra tappa di quel processo di «secolarizzazione» e di «eclissi del sacro» che caratterizzano quegli anni.

Il senso del sacro in Pasolini

Teorema desta scandalo per il suo indugiare in scene di nudo e in una sessualizzazione fin troppo pronunciati. Per Siniscalchi il fatto che «il film di Pasolini venisse scambiato per un manifesto cattolico dei “tempi nuovi”» non è altro che un equivoco. In Teorema «Pasolini racconta la storia di un giovane – l’Ospite – che si introduce nella famiglia di un ricco industriale, seducendo sessualmente tutti i componenti». L’Ospite è «la personificazione dello gnostico, il portatore della conoscenza, che utilizza abusando degli altri». Qui il sesso diventa «la chiave di lettura per scardinare l’ordine (borghese) esistente».Un altro film pasoliniano, Il Vangelo secondo Matteo aveva creato l’illusione di un Pasolini rinnovatore formale (tramite il neorealismo) della dottrina cristiana, di un «intimo, profondo, arcaico cattolicesimo». Ma come dimostra prima Teorema e poi quel cupio dissolvi che è Salò o le 120 giornate di Sodoma il senso religioso di Pasolini è di tutt’altra pasta. È «un tradizionalista, intriso di cattolicesimo vetero-testamentario, apocalittico, bordeggiante lo gnosticismo».

Michele Iozzino

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1 commento

fabio crociato 4 Novembre 2022 - 12:16

Rifletterei di più sulla figura di G.Pelosi e sul perché, da minorenne, ha evitato di subire oltremodo facendo subire ad un adulto, comunque di successo, la fine del suo essere tra il contradditorio e degenerato alla faccia del suo indiscutibile sapere.

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