Roma, 16 giu – Viola è una ragazza che ha viaggiato su un’astronave per tutta la sua vita, ha attraversato le galassie, è sopravvissuta a un atterraggio di fortuna per arrivare in un pianeta (apparentemente) privo di donne e la prima cosa che si mette a fare appena conosciuti gli abitanti di questa rude colonia spaziale è… distribuire cazziatoni. Ridotta all’osso, la trama di Chaos Walking, il film diretto da Doug Liman, con Daisy Ridley e Tom Holland, appena sbarcato su Prime video, è questa. Non stupisce che il film si sia schiantato ai botteghini in maniera più fragorosa della navicella di Viola: costato ben 125 milioni di dollari, al momento ne ha incassati meno di 22 in tutto il mondo. In Italia il grande schermo non lo vedrà nemmeno, finendo direttamente sul servizio streaming di Amazon.
L’idea non era male
La genesi accidentata della pellicola, del resto, non prometteva nulla di buono, dato che le riprese sono iniziate nel 2017, ma i primi risultati sono stati così deludenti che al girato di Liman sono state aggiunte altre settimane di riprese dirette da Fede Alvarez. Eppure l’idea iniziale, tratta da un romanzo di Patrick Ness, non era male: nel Nuovo mondo, colonia spaziale creata da una vecchia migrazione umana, gli abitanti vivono in condizioni dure, come in una sorta di spartano e arido Far west. Si mangiano solo rape e per sopravvivere si uccide senza tanti complimenti. I coloni devono guardarsi sempre dai minacciosi alieni autoctoni, che, si dice, hanno sterminato tutte le donne della colonia e soprattutto devono fare i conti con una particolarità tipica del luogo: i pensieri degli umani sono visibili e udibili da tutti. Ognuno vive circondato da una specie di nube (il «rumore») con tutto quello che gli frulla in testa reso trasparente agli altri. Solo per gli uomini, però. I pensieri delle donne non sono visibili.
Chaos Walking, ovvero una trama da Murgia
Questa bizzarra condizione rende gli uomini perfettamente leggibili, dando un innegabile vantaggio competitivo alle donne (nel corso del film si scoprirà che il pianeta non ne è così sprovvisto come sembrava). In questa comunità di abbrutiti senza segreti arriva quindi Viola, unica superstite dell’avanguardia di una seconda ondata umana sul pianeta, creando tutti gli sconquassi del caso. La ragazza è accigliata, rompiscatole e bellissima: ha quindi due qualità su tre in comune con la neofemminista tipo. Familiarizzando con il giovane Todd Hewitt, Viola pensa bene di istruirlo, mentre fuggono in un pianeta inospitale con dei nemici alle calcagna, sul modo politicamente corretto per definire gli alieni («loro sono indigeni, siete voi gli alieni qui») e a bacchettarlo perché egli, salvandola da un attacco di uno di loro, non aveva mostrato il dovuto rispetto dei diritti extraterrestri. Quando lui ha dei comprensibili e peraltro castissimi pensieri teneri nei suoi confronti, Viola reagisce come Michela Murgia quando ti sfugge uno schwa. Ma, piano piano, è tutto il film che emerge come una colossale parabola anti maschile (e forse alla cosa ha contribuito il fatto che l’autore dei romanzi abbia esordito su una rivista gay).
Chaos Walking e la mera propaganda androfobica
La segretezza dei pensieri fornisce infatti alle donne una profondità, una sicurezza di sé, una calma e una lucidità di cui gli uomini sono sprovvisti. L‘idea, tipica del femminismo androfobico, che il genere maschile sia legato a impulsi elementari e testosteronici (la rabbia, la forza, il sesso, le esigenze più brutali) e che sia quindi privo di sorprese, di chiaroscuri, di sfumature, è qui resa plasticamente dalla trovata dei pensieri esposti alla pubblica vista. Come se non bastasse, gli uomini della colonia sembrano voler colmare questo gap con ancora maggiore «mascolonità tossica»: più violenza, più atteggiamenti machi, più spirito di corpo, più durezza esteriore e interiore. Quando poi si scopre sullo stesso pianeta un’altra comunità diversamente amministrata, non ci si stupisce di vederne a capo una donna, per giunta nera, ovviamente saggia, equa e umana, capace di tenere a bada i rozzi maschi del suo villaggio con poche e misurate parole.
L’unico personaggio maschile positivo della storia è alla fine il giovane Todd, che non a caso dimostra sin da subito di essere poco a suo agio con le aspettative che la sua società «patriarcale» impone a ogni maschio («fai l’uomo!», si ripete continuamente tra sé e sé, ovviamente mostrando tale pensiero a tutti quelli che gli sono intorno e vanificando così i tentativi di sembrare ciò che in fondo non è). Ecco quindi che la bella idea viene sacrificata sull’altare di una propaganda sin troppo didascalica e di una produzione a dir poco pasticciona. E per capire i pensieri degli spettatori non serve scrutare il loro rumore, basta dare un’occhiata agli incassi.
Adriano Scianca
3 comments
A questa robaccia, preferisco un film muto di Chaplin dove come valore artistico non c’è storia.
“Meglio un piatto di rape a casa mia che…” diceva l’Ariosto, il quale (giustamente, dato che non avevano ancora inventato le auto!) non amava viaggiare. E, come lui, preferirei di gran lunga mangiare solo rape in un pianeta virile piuttosto che cibarmi di piatti da chef stellato in un mondo femminista!
La rabbia, la forza, il sesso e le esigenze più brutali sono le quattro cose che ormai muovono il “nuovo maschio” come risultato, rispettivamente:
1) dell’iniquità femminile (mantenere gli antichi privilegi, come il corteggiamento, assieme ai moderni “pari diritti” laddove invece dovrebbe poter finalmente avvenire, per il maschio svantaggiato nella sfera dell’amore sessuale, l’equo e umano “bilanciamento di genere” in ambito socio-economico) unita alla demagogia femminista (far passare le privilegiate per svantaggiate, dare ai maschi la colpa di tutti i mali della terra anche quando, come nel caso della nascita delle civiltà indoeuropee, sono meriti, farli sentire in colpa per la loro natura e, dulcis in fundo, abolire la presunzione di innocenza per i cosiddetti stupri, l’oggettività del diritto per il cosiddetto stalking e persino la logica, quando si parla degli ultimi psico-reati);
2) della necessità di reagire, in nome della civiltà originaria greco-romana (nata nel mito della forza, come ci insegna l’Iliade), alla decadenza dell’occidente (iniziata due millenni fa nella morale con quel culto della deboli e dei malriusciti chiamato “cristianesimo” e fattasi poi politica negli ultimi due secoli, con le varie sovversioni giacobine, socialiste e femministe);
3) della sovraesposizione delle nudità femminee fatta passare per diritto e purezza (anche quando vergognosamente sfacciata ed evidentemente frutto dell’animale istinto a sentirsi belle e disiate);
4) della situazione di “mors tua vita mea” dettata dalla brutalità della condizione di un uomo normale in un mondo neoliberista (senza più stato sociale, senza più diritti lavorativi, senza più stipendi e impieghi dignitosi, per le nuove generazioni).
Un tempo (fino diciamo, al 2008, anno spartiacque per molte cose) avrei sentito bisogno, davanti ad accuse come quelle di Viola, di mostrare “sorprese” come composizioni istantanee di sonetti o sfoggi improvvisati di perle rare dai quattro angoli del sapere (adattamento di trame di opere liriche a divertenti situazioni concrete, rapide spiegazioni di teoremi matematici per deridere qualcuno, citazioni a memoria di brani letterari o trame di romanzi per illuminare un modo sorprendente un momento di vita), di citare i personaggi della “Gerusalemme Liberata” del Tasso per testimoniare la natura “chiaroscurale” dell’animo maschile (nascosto in quell’opera dietro a personaggi femminili come Erminia e Clorinda), nonché di raccontare con la psicologica petrarchista e le Stanze del Poliziano (“l’erba verde sotto i dolci passi/ bianca, gialla, vermiglia e azzurra fassi) tutte le sfumature del mio animo quando conobbe l’unico amore terreno della sua vita.
Ora che ho rimosso tutto questi inutili zavorre psicologiche femminee (la donna-in-quanto-madre è sempre una zavorra: biologicamente, rispetto all’uomo è come un furgone da trasporto rispetto ad un’auto da corsa), mi sono ricondotto all’essenziale (del resto, averci ricondotto con la loro stessa propaganda a ciò che più temevano è un merito involontario delle femministe). E vivo molto meglio. A Viola (e ai suoi autori) risponderei che nel mondo reale le società di uomini hanno generato il Partenone e il Colosseo, e poi il Cenacolo di Leonardo e la Cappella Sistina, sino ad arrivare all’automobile ed alle altre mirabilie tecnologiche, mentre le società “sagge e moderate” delle matriarche sono rimaste alle tettone di terracotta. E che ora si debba chiedere “scusa” per le poche donne nella scienza (facendole a forza di quote rosa) è una dimostrazione della veridicità di quanto dico.
Questo a parole: nei fatti sarebbe bello invece incontrare una rompiscatole e accigliata femminista in un pianeta alieno, laddove non vi fossero cavalieri bluepillati con la divisa e zerbini con la toga a difenderle e a dar loro ragione!
La brutalità della serie potrebbe raggiungere nuovi e impensati livelli…
Le femministe devono capire finalmente che ad essere sempre più esagerate e “arrabbiate” potrebbero rimetterci, ora che una fetta sempre più crescente del genere maschile ha ingoiato la Redpill e non ha più voglia di far finta di niente o stare calma davanti ad angherie, provocazioni, insulti e perfidie! Per non dire dei veri e propri atti di brigantaggio contro il genere maschile costituiti da certe sentenze di divorzio! I fautori del “nuovo ordine mondiale” non avranno mai abbastanza sbirri, carceri e giudici per fermare l’ondata di “rabbia” e “impulsi primordiali” che GIUSTAMENTE sta montando contro di loro. Il giorno del REDDE RATIONEM arriverà. In questa terra però, non nell’altra.
P.S.
Fra i popoli conquistatori indoeuropei e la pre-umanità pelagica non si possono avere dubbi su chi sia davvero la “prima umanità” (quella vera). E, di conseguenza, non si possono avere dubbi nemmeno davanti allo schermo sullo scegliere una Herrenmoral che dei “diritti degli indigeni” ed altre amenità della “morale da schiavi” (oggi tradotta al cristianesimo originario al buonismo cosmopolita attuale) se ne freghi altamente.
Se esiste questa robaccia non è colpa “SOLO” delle femministe. Anche degli zerbini “uomini” che gli danno corda, quando gli fa comodo per motivi elettorali(ovvero avere un consenso più ampio) e le supportano. Esistono in entrambi gli schieramenti. Aggiungerei chi sperando di “essere cavaliere” ai loro occhi, finge di supportarle, in una epoca nella quale loro sono molto più emancipate dell’uomo medio, quindi atteggiamenti del genere non dovrebbero più esistere.
Concludo: esiste un modo per far sparire questa spazzatura, ed è semplice.
Si chiama” NON GUARDARLA”. Io ho cancellato l’abbonamento a Netflix proprio perchè era piena di questa roba. Se tutti facessero come me, sarebbe un fenomeno più “di nicchia” e non “mondiale”. Guardo film di 10 anni fa? è lo stesso. L’arte in quei periodi era più libera dal politicamente corretto. Almeno mi godo la trama invece che guardare “involucri” che sembrano film ma “nascondono” nient’altro che propaganda.
Se esisteva la propaganda anche in passato, non arrivava a questi livelli. Oggi arriva a mettere “in ombra” addirittura la trama! Tanto che stiamo parlando di femminismo e non del “valore” del film. questo la dice tutta.. su quanto poco sia rimasto di “vera arte libera” in questa roba.