Brugherio (MB), 2 ott – Si sta spegnendo, lentamente ma inesorabilmente, l’industria italiana del bianco. E’ notizia recente che, dopo Electrolux, anche Candy ha deciso di riorganizzare la propria produzione delocalizzando una parte dei propri stabilimenti in Cina.
Candy, una storia italiana
Candy nasce nell’immediato dopoguerra per mano di Eden Fumagalli e diventa protagonista del boom economico con la produzione di numerosi modelli di elettrodomestici che entreranno nelle case di tutti gli italiani. La crescita è forte, tanto che l’azienda arriva anche ad acquistare la filiale nazionale del colosso americano Kelvinator, produttore di frigoriferi, nonché numerose realtà in altri paesi europei. Negli anni ’90, con la crisi industriale che investe il paese, gli eredi del fondatore passano la mano, cedendo il gruppo all’americana Hoover.
La delocalizzazione
Lo stabilimento di Brugherio – sede principale dell’azienda – rappresenta un’eccellenza internazionale. Nonostante ciò, dal quartier generale oltreoceano è stato deciso che la produzione andrà progressivamente a diminuire, passando dalle attuali 380mila a 330mila lavatrici all’anno. Di conseguenza saranno in esubero 373 lavoratori, 343 operai e 30 impiegati. Scarsa efficienza? Problemi sindacali? Assenteismo? Nulla di tutto ciò, semplice riorganizzazione per portare le produzioni all’estero. L’obiettivo è sempre rincorrere costi più bassi, come già fatto in questi ultimi anni fra Russia e Turchia e, ovviamente, Cina.
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Nel frattempo, non si disdegna comunque di approfittare degli incentivi previsti dal governo per chi sostituisce i propri elettrodomestici.
La preoccupazione dei lavoratori è che, dopo due anni di contratti di solidarietà ed in seguito a quest’ultimo annuncio, la proprietà abbia intenzione di
abbandonare definitivamente la produzione in Italia.
“E’ palese che hanno intenzione di lasciare qui a Brugherio soltanto la parte amministrativa e di chiudere, prima o poi definitivamente, tutta l’unità produttiva”, spiega Pietro Occhiuto, segretario Fiom della provincia di Monza Brianza.
Filippo Burla
1 commento
E c’è qualcuno che esulta per percentuali di disoccupazione in calo dovuta solo a lavoro temporaneo. Ma qual è la proposta di un movimento alternativo a tutto ciò, nel concreto, io non l’ho ancora compreso. Intendo proprio concretamente. Che sappia sfidare a viso aperto gli improbabili interlocutori che sono aggrappati come vampiri.