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Deposito nazionale rifiuti radioattivi: cos’è e perché serve all’Italia

by Giuseppe Vitale
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Roma, 21 mar – Che lo smaltimento dei rifiuti sia un problema, qualsiasi sia la natura del rifiuto stesso, è sotto gli occhi di tutti. Tra i rifiuti domestici e quelli industriali, pericolosi o meno, ogni rifiuto ha poi la necessità di essere smaltito correttamente attraverso un processo di riciclo, quando possibile, o attraverso lo stoccaggio definitivo in condizioni di sicurezza. Tra i tanti rifiuti prodotti dalle industrie, quelli radioattivi, ancora oggi non hanno trovato una sistemazione definitiva nonostante l’Italia abbia un progetto per la costruzione del deposito nazionale, che partì nel 2010 ma che – a causa di una politica che evita di affrontare il problema – non ha mai visto la luce.

E’ utile ricordare come l’Italia, per non aver costruito un deposito nazionale entro i termini previsti che erano stabiliti nel 2015, ha pagato multe esose e oltre a questo ha comunque smaltito i suoi rifiuti in depositi temporanei che ne hanno aumentato il costo di gestione. A distanza di anni la Sogin, la società che si occupa dello smaltimento delle centrali nucleari italiane e della gestione dei rifiuti, ha prodotto prima la Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee e dopo la consultazione pubblica con associazioni e comuni ha elaborato la Carta Nazionale Aree Idonee trasmettendola al ministero della Transizione Ecologica che ora dovrà prevederne l’approvazione. All’interno della Carta una serie di considerazioni su siti potenzialmente idonei al contenimento dei rifiuti poiché geologicamente ritenuti stabili.

Cosa è e cosa conterrà il deposito nazionale rifiuti radioattivi

Il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi sarà una struttura che consentirà al nostro paese di smaltire in modo definitivo i rifiuti nucleari prodotti dallo smantellamento delle centrali nucleari e dalle attività industriali come attività mediche o processi produttivi che richiedono tecnologie nucleari per il funzionamento. Occuperà un’area complessiva di 150 ettari al cui interno, circa 40 ettari, prenderà vita il parco Tecnologico che avrà la funzione di centro di ricerca. Come riporta Sogin nel progetto del deposito nazionale, all’interno dei 110 ettari del deposito nazionale, in un’area di circa 10 ettari, sarà collocato il settore di smaltimento per i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e in un’area di circa 10 ettari i quattro edifici di stoccaggio per i rifiuti radioattivi a media e alta attività. I rimanenti 90 ettari sono destinati alle aree di rispetto, agli impianti per la produzione delle celle e dei moduli, all’impianto per il confezionamento dei moduli, agli edifici per il Controllo qualità, Analisi radiochimiche, e per i servizi a supporto delle attività.

Il deposito nazionale, costituito da barriere naturali come le caratteristiche geologiche del territorio e barriere ingegneristiche come il contenimento stesso dei rifiuti, consentirà lo stoccaggio definitivo in completa sicurezza di tutti i rifiuti nucleari per oltre 300 anni impedendo ogni tipo di contatto con l’ambiente circostante. Dopo tale tempo, infatti, il decadimento delle sostanze radioattive è tale da poterli smaltire come rifiuti normali e non più pericolosi.
Al Deposito Nazionale saranno, dunque, conferiti nel tempo circa 95mila metri cubi di rifiuti radioattivi. Il 60% di questi proverrà dagli impianti nucleari oggi in fase di smantellamento, mentre il restante 40% da attività non energetiche quali ricerca scientifica, applicazioni mediche e industriali.

La sicurezza del deposito nazionale

Ci saranno quattro diverse barriere per il contenimento dei rifiuti radioattivi oltre alla barriera naturale data dalle caratteristiche del sito. La prima barriera è rappresentata dal manufatto, un contenitore in cemento al cui interno viene posizionato il rifiuto già in forma solida. La seconda barriera è rappresentata dai moduli ovvero dove saranno contenuti i manufatti e saranno costruiti in calcestruzzo speciale, armato o fibrorinforzato assicurando resistenza per oltre 350 anni. La terza barriera è rappresentata dalla cella, un contenitore in calcestruzzo speciale, di dimensioni maggiori, che conterrà al suo interno i vari moduli che costituiscono il rifiuto. La quarta barriera, infine, è una collina multistrato realizzata con strati di diversi materiali, per uno spessore complessivo di qualche metro, allo scopo di impedire l’ingresso di acqua nel deposito, drenare le acque piovane, isolare i rifiuti dall’ambiente e migliorare l’impatto visivo della struttura.

Dove potrebbe essere collocato e quali conseguenze può avere sul territorio

La Sogin ha eseguito nei diversi anni di produzione della Cnapi fino al raggiungimento della Cnai, una serie di studi che coinvolgevano diversi aspetti geologici tra cui la stabilità del sito. Stabilità che geologicamente si configura nell’arco di centinaia di anni e che quindi possa fornire una altissima attendibilità sul fatto che nei prossimi decenni, il sito reagisca sempre allo stesso modo. Le aree individuate riguardano principalmente le regioni di Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Basilicata, Sicilia, Sardegna con cui l’ente ha avviato una consultazione pubblica al fine di ricevere le varie segnalazioni.
Non si avrà nessun impatto sull’ambiente, sull’agricoltura o sui beni presenti all’interno del territorio che ospiterà il deposito nazionale. Non vi saranno aumenti dei livelli di radioattività o aumenti di incidenza tumorale dovuti ad esposizione di radiazioni. Il deposito nazionale, così come avviene nel resto di Europa, sarà sicuro ed efficiente, incrementerà i posti di lavoro, darà finanziamenti economici al territorio che lo ospiterà e non creerà nessun danno ambientale e men che meno radiologico.

Dobbiamo per forza farlo in Italia?

L’Italia è l’unico paese europeo che ad oggi non ha una visione chiara né in campo energetico né in campo di smaltimento di rifiuti. In tutta Europa esistono decine di depositi per lo smaltimento di rifiuti radioattivi. Il trasferimento dei rifiuti radioattivi in un’unica struttura, oltre a garantire una loro gestione più sicura, efficiente e razionale, permetterà di completare il decommissioning degli impianti nucleari. La maggior parte dei Paesi europei possiede o sta realizzando depositi definitivi per rifiuti a molto bassa e bassa attività. Molti di questi hanno localizzato o avviato la progettazione e lo studio di depositi definitivi (geologici) per i rifiuti a media e alta attività. Paesi con minori quantità di rifiuti ad alta attività partecipano invece a iniziative per la definizione di un Deposito Geologico Europeo. Avanguardia nel capo della gestione dei rifiuti è la Finlandia con la creazione del deposito di profondità di Onkalo. Dallo studio di Sogin si stima che la costruzione del Deposito Nazionale e Parco Tecnologico genererà oltre 4.000 posti di lavoro l’anno per 4 anni di cantiere, diretti (2.000 fra interni ed esterni), indiretti (1.200) e indotti (1.000). Durante la fase di esercizio, invece, l’occupazione diretta è stimata mediamente in circa 700 addetti, fra interni ed esterni, con un indotto che può incrementare l’occupazione fino a circa 1.000 unità.

Perché il deposito serve all’Italia

In definitiva, il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, alla nostra nazione serve veramente tanto sia per completare lo smantellamento delle centrali nucleari che comunque rappresentano un costo esoso, sia per proteggere noi stessi e l’ambiente da possibili problematiche derivanti da una gestione temporanea. La sindrome del NiMBY (not in my back yard) ci affligge ogni qual volta si parli di trovare una soluzione definitiva ci porta ad una situazione di stallo e di arretratezza infrastrutturale che pagheranno anche le generazioni future. La sicurezza dello smaltimento con depositi geologicamente stabili e ingegneristicamente avanzati non avrà nessun impatto sui territori che lo ospiteranno. Non ci sarà pericolo per le persone, per le coltivazione e per il paesaggio. Se la crisi energetica di oggi ci sta insegnando che la mancanza di un piano energetico e la totale dipendenza dall’estero ci stanno portando al collasso, abbiamo nel caso dei rifiuti il dovere anche morale di pensare alle generazioni future e scongiurare che se tra qualche anno emergesse una crisi dei rifiuti (nucleari e non), l’Italia possa affrontare la questione senza incorrere nei soliti problemi politici e sociali che ne deriverebbero.

Giuseppe Vitale

 

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