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Finanzcapitalismo, ovvero il trionfo dell’uomo economico neoliberale

by La Redazione
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Roma, 4 ott – A motivo della sua intrinseca fragilità, la mega macchina sociale ed economica chiamata finanzcapitalismo rappresenta, il maggior generatore di insicurezza socio-economica che il mondo moderno abbia finora conosciuto, poiché, in tale sistema basato sulla speculazione e sui debiti, basta che si verifichi un mancato rientro di capitali che l’intero sistema entri in fibrillazione per poi crollare del tutto.

Finanzcapitalismo e disuguaglianze

Questa fragilità sistemica è strettamente intrecciata alla produzione di smisurate disuguaglianze, al deterioramento delle condizioni di lavoro, alla distruzione degli ecosistemi e dell’agricoltura tradizionale a favore di un modello industriale rivelatosi incapace di soddisfare i bisogni primari della maggior parte della popolazione. Nel complesso, quindi, l’ascesa finora incontrollata della mega-macchina che svolge simili funzioni è un fattore centrale del degrado della civiltà globalizzata o della civiltà-mondo.

Certamente questo sistema non avrebbe mai raggiunto i risultati che può vantare a livello mondiale, se non avesse avuto l’apporto di miliardi di inconsapevoli servo-unità umane, termine che risale al sociologo Lewis Mumford e alla sua definizione di mega-macchina. È questo un modello dell’uomo che lo concepisce come un essere le cui azioni sono motivate unicamente da un principio normativo supremo: il perseguimento dell’interesse e dell’utilità personale a tutti i costi.

Ecco l’uomo economico neoliberale

L’uomo economico è concepito alla stregua di una macchina da calcolo, come ebbe a definirlo l’antropologo Marcel Mauss. Lo diventa realmente nel suo comportamento effettivo: se si comporta nel modo previsto della società e dal sistema, gli vengono offerti riconoscimenti materiali e simbolici, viceversa, se da tale comportamento gli capita di deviare, subisce malversazioni ed è sottoposto a privazioni di varia natura.

L’uomo economico, teorizzato dalla cultura neoliberale, è diventato oggi una realtà vivente. Immersi come sono sin dalla nascita in istituzioni sociali e culturali, la scuola e il mercato, la produzione e il consumo, i media e l’intrattenimento, l’amministrazione pubblica e la politica, le quali tutte operano intensivamente, gli esseri umani hanno sviluppato in massa una personalità che li fa agire come uomini la cui esistenza è finalizzata al consumo.

Uno dei maggiori tra i problemi che oggi si pongono all’interno di una civiltà globalizzata a livello planetario sta nella pressoché totale scomparsa di soggetti che siano in condizione di distanziarsi da esso; ossia di vederlo, di giudicarlo dall’esterno, al caso prendendosi la libertà di resistervi, attraverso proposte e modelli culturali alternativi.

È un problema dunque di carattere psicoanalitico ed antropologico, perché nell’epoca del finanzcapitalismo il sé biologico, il fondo della personalità umana, fonte delle sue pulsioni e desideri, appare avere ormai subito le pressioni modellatrici della cultura dominante: il finanzcapitalismo pianifica i desideri, le aspettative, i consumi e il consumatore prima della produzione, e a tale scopo si adopera affinché le età dell’uomo si riducano, favorendo un artificiale protrazione dell’infanzia, a prescindere dalla durata effettiva della vita biologica.

Roberto Favazzo

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