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I grillini contro le infrastrutture: il ritorno del luddismo

by La Redazione
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Roma, 3 dic – Che nella mente del grillino medio albergassero poche idee ma confuse si sapeva da tempo ma bisogna riconoscere che almeno due o tre punti fissi esistono e sono indubitabili. Nefasti, certamente, ma indubitabili. Potremmo parlare del legalitarismo forcaiolo o della fola del reddito di cittadinanza, ma avendolo già fatto in altre occasioni, preferiamo concentrarci per oggi su un altro e spesso sottovalutato aspetto, che è quello riguardante il luddismo di fondo del messaggio dei cinque stelle.

Recentemente abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione di questo retropensiero, con la proposta avanzata dai deputati pentastellati di bloccare 13 grandi opere in tutta Italia, compresa ovviamente la tanto vituperata Tav. Come tutte le idee da barboni la spiegazione che viene fornita è il risparmio per le casse dello Stato, che viene quantificato essere sui 9 miliardi, ovvero la differenza fra i 10 miliardi di costo di queste infrastrutture ed il miliardo circa di penali che la Pubblica Amministrazione dovrebbe pagare ai fornitori.

Al di là dei numeri, che non sappiamo di preciso se siano esattamente quelli reali, questa ennesima uscita mostra la sincera adesione del M5S alla fola decrescista tanto di moda nella nuova destra e nella vecchia sinistra, che poi sono la stessa cosa. Forse non sfuggirà l’ironia della cosa: un movimento culturale prima ancora che politico nato in rete e fondato sul mito della “connettività” e dell’economia “2.0” che nessuno sa di preciso cosa voglia dire, finisce per snobbare lo sviluppo industriale sano, quello cioè reso possibile proprio dalle grandi opere in questione e da altre ancora.

Non è una causalità: chi ci segue sa già che quella informatica è una falsa rivoluzione industriale che, a fronte di indubitabili vantaggi nella circolazione delle informazioni, non si è poi concretizzata in forme di lavoro maggiormente produttive e quindi remunerative in senso lato. Anzi, dal punto di vista psicologico ha portato un numero incredibile di persone ad estraniarsi dalla vecchia idea di sviluppo industriale fondato sul settore manifatturiero visto come “inquinante” ed “obsoleto”.

Certo, apparentemente mentre condividiamo foto di gattini non stiamo inquinando, ma questo solo perché in una strana forma di rimozione psichiatrica non ci chiediamo come viene prodotta l’elettricità che fa funzionare le nostre carabattole tecnologiche. Magari è una centrale termoelettrica a carbone, tanto per dirne una.

È di questi giorni la notizia che la potenza di calcolo necessaria per sostenere quella che con tutta probabilità si rivelerà essere la bolla finanziaria del secolo, ovvero quella del Bitcoin, sta crescendo a livelli esponenziali ed in tempi sempre più rapidi grazie all’accesso di sempre nuovi polli nell’ingranaggio. Non è mai esistito in precedenza un settore così energivoro in termini relativi, nel senso che mai nessun settore anche della “vecchia” industria pesante è mai cresciuto in tempi così rapidi. Con la differenza che la manifattura produce beni concreti, utilizzabili e tangibili, mentre le cripto-valute sono una sciocchezza futile.

Questo è solo un esempio della demenziale visione del mondo luddista dei cinque stelle. Sacrificare l’economia reale nel nome dei bit del computer, ovvero della trasmissione di informazioni che presumiamo diventeranno sempre più astratte ed inutili. Se non esiste in effetti una solida base industriale nazionale, indi se non vengono prodotti beni e servizi necessari, e quindi erogati salari spendibili, a cosa serve la “connettività” tanto amata dai grillini? Forse per consolarsi con il porno in streaming, o per offendere gli avversari su Facebook, o al limite per comprare su Amazon con i soldi della pensione del nonno.

Il luddismo grillino è pericoloso: baratta l’economia reale con l’utopia di un guru dei poveri come il compianto Casaleggio con le sue menate catare e neo-protestanti, e questo dal punto di vista di una persona di sana razionalità è inconcepibile.

Matteo Rovatti

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