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Il gas algerino ci serve, ma il Piano Mattei é (per ora) solo una bella idea

by Eugenio Palazzini
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Roma, 23 gen – Assioma: il gas algerino ci serve. Corollario: bene ha fatto il premier Giorgia Meloni a recarsi in Algeria per il suo primo vertice bilaterale. Altrettato lodevole, quanto evocativo, scegliere di denominare la strategia del governo italiano – o almeno quella che si auspica diventi una vera e propria strategia – Piano Mattei. Da un punto di vista strettamente concettuale, il primo ministro mostrò di avere le idee chiare già a ottobre, quando in tal senso spiegò brevemente le sue intenzioni: “Credo che l’Italia debba farsi promotrice di un ‘piano Mattei’ per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane”, disse la Meloni durante il suo discorso di insediamento alla Camera dei deputati.

In sostanza, l’obiettivo è rendere l’Italia una sorta di hub energetico del Mediterraneo. Esattamente come lo è già stata ai tempi di Enrico Mattei, con ben altri presupposti e progettualità, dettati anche da un contesto geopolitico e da una pianificazione a lungo termine piuttosto difficili da intravedere oggi. Sarebbe comunque inutilmente nostalgico, dunque incapacitante, fermarsi a rimpiangere i bei tempi che furono. Stiamo quindi all’attualità e ai possibili scenari che da determinati passi possono scaturire.

Gas algerino e Piano Mattei, i vantaggi per l’Italia

L’Algeria è sempre stata una nazione chiave per l’Italia in termini di forniture energetiche e di controllo del Mediterraneo, ma dall’inizio della guerra in Ucraina si è trasformata in un partner indispensabile, divenendo in breve tempo il nostro primo fornitore di gas naturale. Al riguardo, come ricordato oggi da Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, “aggiorniamo gli accordi annualmente sulle quantità, che sono state rispettate: sono stati dati più di 3 miliardi di metri cubi e altri 3 miliardi nel 2023 e poi altri ancora. Bisogna pensare che solo 2 anni fa l’Algeria dava all’Italia circa 21 miliardi di metri cubi, adesso ha dato 25 miliardi, arriveremo a 28 miliardi l’anno prossimo e poi nel 24-25 supereremo ancora. È davvero un partner strategico che sta aiutando molto l’Italia”. Lo stesso Descalzi si è detto fiducioso sull’azzeramento delle forniture di gas russo entro circa due anni: “Sono positivo, il percorso potrà arrivare a compimento nell’inverno 2024-25, direi che continuando così le cose andranno nel verso giusto”.

L’obiettivo dichiarato della Meloni, a ben leggere, è ancora più ambizioso. Dopo essersi sganciata dal gas russo, vorrebbe far crescere l’Italia come epicentro di direzione energetica dal Nord Africa verso l’intera Ue. Stando alle stime del governo, in cinque anni la nostra nazione dovrebbe essere in grado di smistare fino a 60 miliardi di metri cubi di gas nordafricano, in particolare ai Paesi europei più “bisognosi”: Austria, Germania e Ungheria su tutti.

Dubbi e problematiche

Quando Draghi siglò il primo accordo con il governo algerino, su questo giornale ponemmo immediatamente un interrogativo: quanto è affidabile il nostro partner? Citammo allora il lapidario giudizio del direttore di Limes, Lucio Caracciolo: “L’Algeria è notoriamente una caserma più che uno Stato”. Per quanto sinora la nazione nordafricana si sia rivelata più affidabile del previsto – e sorvoliamo in questa sede sulle insufficienti forniture assicurate, nonché sui numeri incerti di quelle garantite – resta il problema prezzi. Questo perché l’Italia paga attualmente il gas algerino indicizzandolo al petrolio, che è il metodo di riferimento di Algeri. E’ quindi più caro rispetto ai prezzi stabiliti dai contratti firmati, tempo fa, da Eni con il colosso russo Gazprom.

Oggi, intervistato da La Verità, Caracciolo ha espresso nuovi dubbi sul patto con Algeri: “Non mi farei illusioni su gasdotti del Sud. Se da un punto di vista americano c’è un’ostilità marcata sulla connessione Germania-Russia, ve n’è una meno pronunciata a vedere l’Italia come porta di ingresso da Sud di un gas che alla fine arriverebbe anche indirettamente dalla Russia. Penso a ciò che dovrebbe arrivare via Turchia da Russia o Azerbaijan. Sarebbe una sorta di macedonia asiatica dietro cui si nasconde il gas russo. Tutti i governi italiani si sono scottati su South stream”.

A metterci i bastoni tra le ruote potrebbero non essere soltanto gli Usa, ma anche la stessa Russia orfana dei nostri contratti. Mosca ha difatti un rapporto privilegiato con Algeri, a tale punto che l’Algeria è il suo terzo compratore di armi, ad aprile si astenne all’Onu sulla mozione contro la Russia e votò “no” all’altra relativa alla sospensione dal Consiglio dei diritti umani.

Altro problema: più volte in passato l’Algeria ha utilizzato le forniture energetiche come arma di ricatto politico. Basti pensare alle minacce di “azzeramento dei flussi” nei confronti della Spagna, nella disputa con il Marocco. Se ad aprile 2022 il ministero dell’Energia algerino evocò la chiusura totale dei rubinetti, qualche settimana prima, sempre in piena guerra Ucraina, la società petrolifera statale algerina Sonatrach aveva ventilato di rivedere al rialzo il prezzo del gas naturale inviato alla Spagna.

Non solo gas

Fin qui, vantaggi e problematiche relativi al gas algerino. La visita di Giorgia Meloni è però servita a porre serie basi anche in altri settori fondamentali per la nostra economia, in particolare quello aerospaziale. In tal senso la cooperazione tra Italia e Algeria è al centro del Memorandum di intesa tra le agenzie delle due nazioni firmato dal primo ministro. Parliamo di principi stabiliti, più che di effettivi risultati conseguiti, ma è comunque un buon primo passo in materia di esplorazione e utilizzazione dello spazio extra-atmosferico. Aree di cooperazione incluse: scienze dello spazio e l’esplorazione spaziale; tecnologia applicata allo spazio; osservazione della Terra e la formazione. Si punta all’organizzazione di seminari e workshop, nonché allo sviluppo di progetti di interesse reciproco e all’organizzazione di attività di formazione. Nulla di sensazionale forse, ma iniziamo a far capolino da protagonisti in Nord Africa. Ammesso che, anche in questo caso, stabilità e affidabilità algerine reggano la prova del tempo.

Eugenio Palazzini

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