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Il gas americano? Non basta a sostituire quello russo: ecco perché

by Alessandro Della Guglia
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Roma, 28 mar – Briciole americane spacciate per piatto ricco. In una dichiarazione congiunta, Ursula von der Leyen e Joe Biden hanno annunciato un accordo per forniture “aggiuntive” di gas naturale liquefatto (Gnl) all’Europa: 15 miliardi di metri cubi entro la fine del 2022, con l’obiettivo di arrivare a 50 miliardi di metri cubi in più entro il 2030. Il presidente Usa e la presidente della Commissione europea hanno in realtà parlato di due accordi raggiunti, oltre a quello sul Gnl ne è stato infatti siglato un altro sulla protezione della privacy nel flusso transatlantico dei dati personali. Soffermiamoci però, in questa sede, su quello più rilevante in termini di bisogno immediato.

Il gas americano non basta

Stando a quanto affermato dalla von der Leyen, le forniture assicurate quest’anno dagli Stati Uniti Usa “permetteranno di sostituire tutto il Gnl che attualmente riceviamo dalla Russia” e i 50 milioni di metri cubi previsti entro il 2030 “permetteranno di sostituire almeno un terzo del gas russo che arriva in Europa”. In questo modo dovremmo lentamente affrancarci dalle forniture di Mosca. Posto che – come ben spiegato ieri sul Primato da Filippo Burla – cambiando il fornitore resta per l’Europa il fattore dipendenza, la verità è che il gas americano non ci basta. Non servono acute analisi e neppure mettere mano alla calcolatrice per comprendere che siamo di fronte a un eccessivo, quanto ingiustificato, entusiasmo. Perché a ben vedere, anche ammettendo che tutto vada come previsto da Washington (e senza considerare i grossi problemi relativi a costi, trasporto e ricezione del Gnl americano) servirebbero otto lunghi anni per ricevere appena un terzo del gas che ci garantisce attualmente Mosca.

Difatti soltanto nel 2021 abbiamo importato dalla Russia ben 155 miliardi di metri cubi di gas. “Come se non bastasse – fa giustamente notare il senatore Paolo Arrigoni, responsabile del dipartimento Energia della Lega – si è aperta una concorrenza agguerrita con i paesi del nord per accaparrarsi i rigassificatori flottanti Fsru e lo stesso avverrà anche per il Gnl. L’Italia potrà importare più gas con i metanodotti esistenti da Algeria, Libia e Azerbaigian oppure altro Gnl da Qatar, Egitto, Mozambico o Angola sfruttando la capacità dei tre rigassificatori esistenti, ma dovremo diversificare ulteriormente le fonti e le rotte degli approvvigionamenti”.

Serve un piano (serio) per l’indipendenza energetica

In parole povere non stiamo facendo nulla per raggiungere l’indipendenza energetica, sempre più necessaria sia a livello nazionale che continentale. Anzi, a dirla tutta, continuiamo a fare di tutto per legarci mani e piedi agli altri, se consideriamo che l’Italia nel 1991 estraeva 20 miliardi di metri cubi di gas dal proprio territorio, ridotti nel 2021 a poco più di 3 miliardi.
La ricetta per superare dipendenza e crisi? Come ben spiegato dal professor Gian Piero Joime su questo giornale, è arcinota: “tornare a estrarre gas, accelerare le rinnovabili, fare nuovi rigassificatori, diversificare le fonti di approvvigionamento, per chi sa e può investire nel nucleare. E partecipare a progetti per nuovi gasdotti”.

Alessandro Della Guglia

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