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La Romania nell’euro? Il governo rinvia l’ingresso nella moneta unica all’anno del mai

by Giuseppe De Santis
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romania euro

Roma, 25 dic – Quando, nel 2007, la Romania è entrata nell’Unione Europea, una delle condizioni per la sua adesione era l’adozione anche dell’euro. Nonostante ciò l’obiettivo rimane distante, visto che il governo di Bucarest ha rinviato ancora il suo ingresso nell’area della moneta unica.

La Romania e l’euro: una storia di continui (e infiniti) rinvii

All’inizio la data di adozione era stata fissata per il 2014, poi rinviata al 2019 e successivamente al 2024. Adesso è stata fissata per il 2029 e non è da escludere un ulteriore rinvio. A determinare questa decisione è il cosiddetto “Rapporto di convergenza” che ogni anno l’esecutivo invia alla Commissione europea, il quale stabilisce se la Romania rispetta o meno i requisiti per poter aderire alla moneta unica. Requisiti che, per ora, non sembrano essere minimamente soddisfatti. Per adottare l’euro è infatti necessario avere un disavanzo di bilancio (il deficit) inferiore al 3%, un debito pubblico non superiore al 60%, prezzi stabili e un tasso di cambio anch’esso stabile. Tutte condizioni ad oggi inesistenti, a meno che la Romania non vari una manovra restrittiva. Progetto che non sembra essere all’ordine del giorno dalle parti di Bucarest, dato che ciò implicherebbe un serio impoverimento della popolazione nonché del tessuto industriale.

La riluttanza ad adottare l’euro non è, d’altra parte, confinata solo alla Romania. Altri nazioni dell’Europa dell’est hanno un analogo orientamento e sembrano voler rimandare alle calende greche il loro approdo sotto l’ombrello della Bce. Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, ad esempio, hanno già dichiarato di non voler cambiare moneta perchè convinti – sulla scorta di quanto accaduto nel corso degli ultimi due decenni ai Paesi già parte dell’eurozona – che ciò danneggerebbe grandemente le loro economie. In Bulgaria, invece, un recente sondaggio ha restituito un secco diniego da parte della maggioranza della popolazione.

Giuseppe De Santis

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fabio crociato 25 Dicembre 2021 - 1:43

Certo. Vengono anche a sapere dai loro tanti immigrati nel ovest dello schifo in cui siamo finiti, specie quelli più anziani che sono arrivati prima del 2001. Pagare e vedere arrotondare in Euro non è una bella sensazione specie per chi può e sa ancora far di conto. Nel frattempo, gli amici degli amici, internazionalisti, esportano, cambiano, prestano e lucrano alla grande pure con interessi assolutamente sballati. Dal basso in alto sociale non gli conviene. Certo.

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Prof. Massimo Sconvolto 25 Dicembre 2021 - 3:03

L’euro non lo vuole nessuno.

Hanno capito che è solo una truffa per far sembrare normali gli astronomici prezzi dei prodotti #USA

Hanno visto la Germania dove quello che costava 1 marco ora costa un euro mentre il cambio sugli stipendi lo hanno fatto giusto 2 marchi 1 euro dimezzando il potere d’acquisto esattamente come sucesso in Italia dove gli stipendi sono stati divisi per 1936,27 mentre i prezzi sono stati divisi per mille lire.

Qualche ignorante pensava di fregarli facile ma gli ex comunisti ma sono più furbi dei falliti capitalisti visto che la fame l’hanno già provata per mantenere dittatori.

In Repubblica Ceca dovevano introdurre l’euro nel 2012 si tengono stretta la corona ceca.

Solo i coglioni si sono fatti fregare da “Le suoneremo al dollaro” Lavorerete un giorno in meno ma guadagnerete come se aveste lavorato un giorno in più”.

Lo vada a raccontare ai licenziati Carrefour, Marelli, Caterpillar e via discorrendo il paraculo Goldman Sachs.

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Vasile Gruin 26 Dicembre 2021 - 4:22

Fra stipendi di fame o senza lavoro cosa scegliere?

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fabio crociato 27 Dicembre 2021 - 7:38

Non so se è il caso tuo V. Gruin, ma senz’ altro di moltissimi, lavorate la terra dei Vs. nonni e non fatevela fottere dalle illusioni. Vogliono quella !|

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Prof. Massimo Sconvolto 23 Gennaio 2022 - 12:54

E se hai la terra mangi sempre.
Sarebbe ora di demolire fabbricati, soprattutto industriali e commerciali, sempre più inutili e restituire terra all’agricoltura anche in Italia.

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