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Da Honk Kong al coronavirus, è la fine del sogno imperiale della Cina di Xi Jinping?

by Emanuele Fusi
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Cina Xi Jinping

Roma, 13 feb – Non possiamo leggere il futuro, soprattutto oggi in tempi di liquidità di ogni genere, compresa quella della geopolitica. Ma una domanda ce la possiamo porre: cosa sarà della Cina e del suo sogno di egemonia imperiale sul mondo costruito per mezzo della “rinascita nazionale”, del primato economico-tecnologico, e del neo-espansionismo senza confini (con la Belt & Road, la nuova Via della Seta), dopo che sarà passata l’epidemia del coronavirus?

La colpa del governo attuale e del partito-Stato cinese, è stata quella di  nascondere  la notizia per circa un mese ai suoi cittadini sull’esistenza del virus. Ricordiamo il caso del dottor Li Wenliang che il 30 dicembre allerta via mail i suoi colleghi medici (“proteggete le vostre famiglie: è coronavirus”) ma subito la polizia lo arresta (il medico è poi deceduto, e il regime, pentito, tenta ora di trasformarlo in un’icona). L’epidemia cinese si espande giorno per giorno, aumentano i morti e i contagi, con il rischio che altri paesi confinanti diventino a loro volta dei focolai, come si può dire lo sia diventando in questi giorni Singapore, che ha il più alto numero di infetti dopo la Cina.

Xi Jinping, una leadership indebolita?

E’ evidente che il regime ha perso la faccia davanti a tutto il mondo. E sappiamo che perdere la faccia (“Mianzi” (面子) la chiamano i cinesi e vuol dire insieme faccia e orgoglio: e perdere la faccia è la cosa peggiore che possa capitare a un dirigente politico cinese, o a un uomo d’affari (un’onta quasi da lavare con il sangue). Certo che la leadership di Xi Jingping ne esce indebolita, anche se probabilmente – grazie ai vecchi metodi comunisti – passata l’epidemia, l’establishment procederà ad eliminare gli avversari interni al regime, con purghe mascherate da guerra alla corruzione, al fine di consolidare il potere autocratico, scaricando la colpa sui quadri intermedi dello Stato e dell’apparato della sanità locale.

Eppure, nonostante ciò, Xi Jinping non potrà comunque nascondere i restanti insuccessi ottenuti in questi lunghi 8 anni. Il primo è quella con i giovani ribelli di Hong Kong, minacciati da una “nuova Tienanmen”, che ha fallito. I giovani di Hong Kong che non vogliono finire nelle mani della dittatura di Pechino sono divenuti intoccabili anche grazie all’amministrazione Trump che ha promulgato l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, con votazione bipartisan (all’unanimità, meno un voto) dal Congresso. Tra le altre cose sono previste anche sanzioni per i funzionari colpevoli di violazioni dei diritti umani.

La repressione degli Uiguri e l’opposizione di Taiwan

Il regime è stata assimilato a quello “stalinista” per come tratta gli Uiguri, appena sono stati scoperti i “suoi” lager-gulag nella provincia dello Xinjiang; è evidente che anche da questo punto di vista, la Cina si è dimostrata per quello che è: una nazione che non tutela le minoranze e che usa il terrore per eliminare popolazioni e oppositori interni all’egemonia del Partito Comunista Cinese.

C’è poi la questione Taiwan. La vittoria alle urne – il 10 gennaio 2020 – di TsaiIng-Wen,  oppositore della Cina rossa, è stata per Xi e il suo entourage, è stato un duro colpo. Con Donald Trump alla Casa Bianca – che verrà probabilmente rieletto a novembre del 2020 per altri 4 anni – l’attuale governo di Taiwan è inamovibile, ed un’annessione forzosa di Taiwan – come è nei sogni imperialisti di Pechino – è impossibile.

La guerra dei dazi e la Via della Seta

La guerra dei dazi è stata vinta dagli Usa. Con le precedenti presidenze democratiche  americane, Xi Jinping aveva gioco facile; in questi ultimi 3 anni, le cose sono cambiate, grazie alla politica protezionista di Trump. La Cina ha dimezzamento i dazi sull’import di oltre 1.600 beni Usa per 75 miliardi di dollari, a un mese dalla firma della “fase uno” dell’accordo sul commercio tra Washington e Pechino. La misura sarà efficace dal 14 febbraio, in base a quanto comunicato dalla Commissione sulle tariffe del Consiglio di Stato del governo cinese. La decisione arriva nel mezzo dell’epidemia del coronavirus e della carenza di alcuni beni primari.

La Via della Seta procede male. Troppi progetti sono in ritardo, altri sono arenati perché i cinesi non hanno più soldi. Tantissimi piani che sforano il budget creando enormi problemi di indebitamento. Insomma, la Belt & Road si sta dimostrando un mezzo fallimento. Infine la gestione del coronavirus ha smascherato la debolezza interna del regime, che ha nascosto la verità fin dall’inizio, evitando di far intervenire gli scienziati cinesi e internazionali per fare immediatamente ciò che era necessario; politicamente Xi Jinping si è dimostrato uno sprovveduto.

Quale futuro per la politica di Xi Jinping?

Sarà la storia a giudicare Xi e il partito-Stato comunista cinese; ma le importanti battaglie sopra elencate sono state perse, e possiamo affermare con sicurezza che questi fallimenti peseranno da ora in avanti, nelle relazioni internazionali tra la Cina e i Paesi terzi, e non solo verso l’Occidente.

Il duro colpo all’immagine dell’efficienza cinese è destinato infatti a durare per molto tempo, e Pechino si sta presentando al mondo come esportatore di malattie, con gravissimi problemi ambientali e agricoli. E questo colpo di immagine allontanerà sempre più gli investitori, aggiungendo a quanto detto, che già da molti anni i cinesi non godevano di buona fama, a causa dei dazi che hanno sempre messo. E dal fatto di aver sempre copiato le tecnologie altrui per scappare poi con la cassa, finendo ad ostracizzare le imprese straniere.

Dopo il virus la Cina si presenterà quindi come un paese poco affidabile verso cui rifornirsi, ed un produttore che vorrà usare la Cina come mercato di export, da ora in avanti dovrà porsi una domanda: “Posso andare a lavorare in un Paese dove ogni 5 anni scoppia un’epidemia?” L’ambizione di Xi Jinping di costruire il “secolo cinese”, avanguardia di un nuovo mondo dominato da una potenza che spodesti gli Stati Uniti, sintesi di nazionalismo, socialismo, economia di mercato, cibernetica, tecnologia sofisticata, controllo della società attraverso l’informatica e distruzione diritti umani, sembra essersi definitivamente arrestata. E questo è un bene per tutti noi.

Emanuele Fusi

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2 comments

Pierino Porcospino 13 Febbraio 2020 - 1:02

Finalmente un articolo scritto da qualcuno che sembra conoscere bene quel paese e le problematiche che ha e che presenta agli altri. Complimenti.

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Rollo Tomasi 13 Febbraio 2020 - 7:06

Io eiterei però certi entusiasmi sulla fine del sogno imperialista cinese.

Il vero problema resta sempre che gli USA mantengono semrpe il loro ruolo di potenza egemone incontrastata. A noi serve il mondo multipolare, e non è un bene se qualcuno dei poli si fa da parte.

USA e Cina dovrebbero scontrarsi continuamente e se possibile farsi male a vicenda, per il bene di tutti noi.

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