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Perché non controllano i jihadisti “già noti”? Semplice: perché sono troppi

by Adriano Scianca
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Roma, 21 apr – Di nuovo un personaggio “noto alle forze dell’ordine”. Secondo il quotidiano Le Parisien, i documenti trovati nell’Audi A4 color argento da cui il killer degli Champs Elysées è sceso per attaccare una camionetta della polizia apparterrebbero a Karim Cheurfi. L’uomo ha 39 anni e nel 2003 era stato condannato a 20 anni di reclusione – pena ridotta a soli 5 anni – per aver tentato di uccidere tre uomini, inclusi due agenti, nel 2001 a Roissy-en-Brie. L’antiterrorismo sta perquisendo la sua casa nell’area di Seine-et-Marne mentre nell’auto sarebbero stati trovati un fucile da caccia e armi bianche, tra cui un coltello da cucina. L’uomo, comunque, era conosciuto dall’intelligence francese per la sua “radicalizzazione”. Un copione già scritto: quando colpisce un terrorista, è sempre “già conosciuto”. Ma allora perché non li controllano meglio, dato che li conoscono uno a uno? Molto semplice: perché sono troppi. Spiegazione agghiacciante, ma elementare.

Molto spesso leggiamo che i terroristi francesi sono classificati come “Fiche S” (non sappiamo ancora se sia anche il caso dell’ultimo attentatore di Parigi). Cosa significa? La S sta per “sûreté de l’État”, sicurezza di Stato. Si vuole sottolineare che quella persona può rappresentare un pericolo eversivo. È importante chiarire che i “Fiche S” non sono dei ricercati: si tratta di persone che possono rappresentare un pericolo potenziale. Ecco perché non possono essere arrestati, si tratterebbe di un imprigionamento preventivo. Esistono 16 livelli di pericolosità. I reduci dalla Siria sono per esempio classificati come S14. Ora, il punto fondamentale è: quanti sono? Il 24 novembre 2015, Manuel Valls ha affermato che in Francia c’erano, in quella data, 20mila persone classificate con la lettera S, di cui 10.500 erano quelli legati allo jihadismo. Gli altri appartengono ad altre organizzazioni terroristiche, ma anche a hooligans, Black bloc, organizzazioni estremistiche varie (il che la dice lunga sulla validità della classificazione, che racchiude in un’unica categoria terroristi sanguinari e tifosi violenti…).

Ora, è evidente che seguire in tutti i loro spostamenti 100 sospettati è un conto. Farlo con 10mila persone è un altro. In gergo militare si direbbe che è una vera e propria divisione. Una divisione nemica piazzata nel cuore di un Paese europeo. Del resto è probabile che il numero dei potenziali terroristi sia anche più ampio. Per fare un esempio, Ziyed Ben Belgacem, autore dell’attentato all’aeroporto di Orly non era un “Fiche S”, bensì un “Fiche J”. “J” sta per “justice” e indica chi potrebbe causare problemi legati alla criminalità comune. Neanche Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, autore della strage di Nizza, era classificato nella categoria “S”. Bisogna del resto ricordare che molti jihadisti vengono da esperienze di delinquenza spicciola e che spesso la loro cosiddetta “radicalizzazione” è molto veloce, a volte si arriva alla scelta dell’attentato suicida in pochi mesi, quindi non sempre le autorità riescono a essere aggiornate in tempo reale. Il fatto, però, che uno Stato non possa controllare i propri nemici al suo interno per il semplice fatto che sono troppi, la dice lunga sulla situazione esplosiva in cui ci troviamo. E che molti non vogliono vedere.

Adriano Scianca

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